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Si fa presto a dire obolo

Creato il 09 luglio 2011 da Antonio_montanari

Nella pubblica biblioteca bolognese detta Salaborsa dal luogo in cui sorge, hanno sistemato una cassetta per le offerte. Un addetto ai lavori della città delle Due torri, Piero Antonio Zaniboni, ha inviato una garbata e pertinente protesta alla rubrica della Stampa intitolata “L’editoriale dei lettori”, in cui tra l’altro scrive: “L’affezionarsi alla propria biblioteca non è misurabile in termini di elemosina, bensì in ragione della frequenza, lettura, consultazione, prestito in uno spazio condiviso, che diventa un punto di riferimento irrinunciabile per la cittadinanza”. L’intervento del bibliotecario bolognese si chiude con l’ottimistico appello ad un dibattito serio e proficuo, di cui il mondo della cultura ha un gran bisogno.

La cassetta per un obolo l’avevo per ischerzo proposta alla Gambalunga di Rimini, dopo aver visto la piccolissima ma pregevole mostra sui 150 anni dell’unità d’Italia. Avevo sentito o letto che di più non si era potuto fare per mancanza di fondi. Non potevo immaginare che altrove si arrivasse sul serio al paradosso di un servizio pubblico costretto a questuare per poter funzionare.

Sulla lettura e sulla funzione di una biblioteca a Rimini, ricordo la vecchia diagnosi di Piero Meldini, brillante scrittore e soprattutto nello specifico ex direttore della nostra Gambalunga: “Se una madre vede il figlio leggere dei libri, si preoccupa al punto che lo porta dal dottore”. I giovani di oggi sono cambiati. Qualche giorno fa ho assistito ad una scena commovente. Un ragazzo che aveva lasciato il tesserino a casa ma aveva urgenti bisogni corporali, chiedeva il permesso di entrare in Gambalunga, dopo aver ricevuto un cortese rimbrotto per come aveva lasciato devastato il gabinetto alla turca in una precedente visita.

Morale della favola: in centro a Rimini non ci sono bagni pubblici, e chi può permetterselo con il tesserino della Gambalunga, usa appunto quelli della biblioteca, facendo salire le statistiche dei visitatori sbandierate a fine anno.

Per restare in tema di oboli, la cultura locale deve cedere la propria autonomia (e forse anche molta parte della propria dignità) a chi può permettersene di consistenti, assumendo il nome di sponsor o mecenate che dir si voglia, e soprattutto facendo il bello ed il cattivo tempo nella stessa cultura locale. Il che pare meno irritante di chi insozza i gabinetti alla turca installati oltre mezzo secolo fa, e lasciati lì in nome dello spirito archeologico che governa la vita politica. [XXX, 1047]

Il Ponte, settimanale, Rimini, 10 luglio 2011


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