Missione compiuta. Come a Los Angeles. Come a Sidney. Ora Londra. L’Italia si mette al collo un prezioso bronzo che ha l’aria di un metallo più prezioso contando contro chi si è perso due giorni fa. Il terzo della sua storia. Stupendo per come è arrivato. Insperato per come si era messo il torneo. Sognato alla vigilia. Forse si desiderava l’oro, per scacciare la maledizione a cinque cerchi. Poco importa, oggi c’è solo da gioire. La medaglia che è sembrata sfuggire durante le prove non convincenti della pool, oggi è sempre rimasta ben salda nelle mani del nostro sestetto, proprio come nel trionfo contro i campioni uscenti degli Stati Uniti. La ciurma di Berruto smaltisce la delusione per l’ennesima sconfitta contro il Brasile patita in semifinale (come in terra americana nel 1984), riordina la testa, scende in campo motivata e supera la Bulgaria per 3-1 (25-19; 23-25; 25-22; 25-21). Non è riuscito a Camillo Placi il miracolo di portare i suoi sul podio dopo un’estate travagliata, con il grande Stoytchev (vincitore di tutto a Trento) che si era dimesso dopo aver ottenuto la qualificazione, col capitano Kazinski che aveva rifiutato la maglia seguito dal palleggiatore, col pugliese chiamato all’ultimo per allenare in seconda, ma di fatto inventore di una nazionale rossoverde tutta gioventù e fantasia. Gli azzurri, invece, sono riusciti a risalire su quel podio che li aveva respinti a Pechino dopo una rassegna devastata dagli infortuni e in cui Anastasi non era riuscito a portare i suoi uomini oltre al quarto posto (sconfitte con Brasile e Russia) e non ci riuscirà neanche quest’anno (Polonia eliminata ai quarti). Lo fanno col cuore, con la testa, con una prestazione veramente all’altezza della situazione.
Temevamo di soffrire di nuovo l’Inferno che Sokolov e compagni ci avevano fatto vivere nell’ultima partita nella pool. Niente di tutto questo. I ragazzi prendono le contromisure, sono sempre avanti con la testa, ordinati, precisi, puntuali su tutti i palloni. Hanno sempre in mano il bandolo della matassa, non riescono praticamente mai a farsi schiacciare, a farsi dominare. Capiscono che non devono dare fiducia agli avversari, che non devono lasciare troppi buchi, che devono rimanere sempre incollati col punteggio. Dominano il primo parziale. Perdono la testa sul finale del secondo, buttandolo letteralmente al vento in dirittura d’arrivo. Qui sembrano perdere la bussola, vanno sotto nel terzo con un netto 4-0. Il coach torinese non ci sta. Dice no, scuote i suoi che da quel momento volano via, scappano, non si fanno più rimontare. Sono loro a risucchiare gli attacchi avversari, a salvare tutti i palloni, a girare bene la battuta, a rispondere a muro (oggi non eccezionale ma pronto a rispondere presente quando ce ne fosse bisogno). Toccano su tutti, la Bulgaria non riesce mai a tenere sostanzialmente testa, rimane in pista solo grazie a qualche nostro errore. Poco più.
Capitan Savani è magico, non sente la pressione dell’esordio, tiene fede alla sua fascia, schiaccia giù 23 palloni, domina in lungo e in largo. Michal Lasko fa il vero opposto, non delude, butta giù di tutto, bomber di cuore e costanza (18). Simone Parodi è in campo per la sua bella ricezione, per farci contrattaccare con le palle di Fei: il suo sacrificio è premiato (8). Alessandro si rimette al collo la medaglia dopo Sidney e Atene. Come Mastrangelo, Tower of London. Come Papi, a trentanove anni ancora voglioso di mettersi in mostra, lui che c’era addirittura ad Atlanta nel sciagurato pomeriggio con l’Olanda. Lo Zar Zaytsev è poco presente, ma puntuale all’occorrenza. Birarelli torna al top e spetta a lui chiudere le ostilità.
Via ai festeggiamenti. Portiamo una squadra sul podio! In un momento di crisi, in cui il volley italiano ha perso i pezzi a destra e a manca, in cui i campionati non trovano le iscrizioni, una favolosa Nazionale ci regala speranza.
(foto FIPAV)
OA | Stefano Villa