Ho acquistato questo romanzo attirata da alcune recensioni entusiastiche che lo innalzavano a capolavoro. Ho letto con interesse la prima parte, durante la quale mi sono convinti che gli amici di una vita fossero (solo) i due protagonisti iniziali: uno, Khaled, che è anche il narratore, e che dalla Libia si trasferisce a Londra spinto dal suo amore per la letteratura; l’altro, Mustafa, che lo accompagna nei primi passi del suo volontario esilio e gli si affianca in uno degli avvenimenti di snodo del romanzo, la protesta davanti all’ambasciata libica.
In realtà, poi con qualche fatica ho dovuto fare entrare nel cerchio amicale un terzo personaggio, Hosam, perseguitato dal regime libico per i suoi libri e anche lui in esilio a Londra. Con fatica, perché non ho subito colto l’importanza del personaggio, e per questo ho continuato a cercare nelle pagine la forza dell’amicizia tra Khaled e Mustafa, che spesso mi è sfuggita. Colpa mia, evidentemente, se invece tutte le recensioni ufficiali giurano e spergiurano sull’importanza di questa amicizia, sulla sua duratura presenza nella vita dei personaggi del romanzo, proprio quando io invece la vedevo sfaldarsi, come a volte accade, tra le pieghe degli anni e delle scelte fatte, scelte in qualche caso contrapposte o incompatibili tra loro.
Ho apprezzato, del racconto, la capacità di affrontare il tema dell’esilio (volontario, dicevo, ma poi trasformatosi in obbligatorio, perché politico) in un uomo molto giovane; il lungo flashback con cui è costruito il romanzo, che ripercorre non solo le vicende del giovane Khaled europeo, ma anche i sommovimenti, gli scontri, i rivolgimenti politici che investono il suo Paese d’origine; l’attaccamento che emerge tra gli “amici di una vita”, qui e là, mai troppo querulo, segnato da un affetto che cerca di superare le asperità e le differenze di comportamenti o idee. Alcuni episodi rimangono facilmente in mente, raccontati con forza narrativa e adatti a una resa quasi cinematografica (l’assalto all’ambasciata, la degenza in ospedale, lo spaesamento nell’appartamento nuovo, la passeggiata di memoria per le vie di Londra, le telefonate a casa…), ma, appunto, li ricordo oggi come istantanee che mi hanno aiutato a ricostruire le vicende del protagonista lasciando l’impressione di vuoti e salti.
Altra cosa non preventivata è l’essermi persa la profondità di un’amicizia che pure dà il titolo al libro. Certo, ci sono momenti ricordati con affetto e rimpianto, c’è il ricordo di avventure non facili passate insieme, ma, d’altro canto, c’è anche il fatto che queste (due) persone continuano comunque la loro vita, quasi che la memori dell’amicizia riaffiori in fondo soltanto in determinate occasioni, perché sollecitata o incalzata da eventi casuali, da un luogo o un oggetto che solo in quel momento richiama alla mente ciò che è stato.
Ho scritto “l’amicizia tra due persone” perché, come ho già detto, per buona parte del libro è questo che ho colto. D’altra parte, mi è parsa molto più potente e radicata l’amicizia che si crea tra lo studente Khaled e uno dei suoi professori; e ho trovato più comprensibile e vera quella tra il protagonista-narratore e la ragazza che lo aiuta in alcuni momenti importanti del suo esilio.
Una delusione, quindi? Certo che no. Sono rese benissimo le difficoltà degli esiliati, i problemi legati a chi è rimasto nel Paese d’origine, lo spaesamento e la salvezza trovata nell’affidarsi a questa amicizia tutta al maschile che, comunque, in un modo o nell’altro viene portata avanti negli anni. Mi è piaciuto il senso di impotenza che prende Khaled in certi lunghi giorni, il confronto tra sé e gli altri per arrivare a una definizione del proprio essere, alcune bellissime pagine di descrizioni londinesi, la nostalgia della patria che affiora durante il racconto, le riflessioni su di sé, la vita, l’universo e tutto quanto che accompagnano il racconto della vita presente e della vita passata e così via.
Tutte cose belle, ma che, nel complesso non mi convincono del fatto che questo libro possa essere definito un capolavoro.
(Certo, lo so che, alla fine, non ho raccontato molto di ciò che accade, ma mi sono stancata di leggere paginate di recensioni che mi elencano per filo e per segno tutti i passaggi del libro; e so anche che questo romanzo ha uno spessore e un’importanza grandi, che affronta temi forti in modo accessibile, che Matar è un grande scrittore e sa farci arrivare nelle pieghe della Storia, ma non è un libro che proporrei al Circolo per un incontro)