Non vi parlo mai della PrimaTonti. Non che non voglia o che non ci sia materiale. È che me ne dimentico. Credo sia sopravvivenza. Voglio dire: se devo pensare alla PrimaTonti anche in momenti n cui non mi è obbligato pensarli, credo che la mia sanità mentale (che c’è, vi assicuro) vacillerebbe. Però mi sono accorta ieri sera (non penso ai Tonti ma penso a voi, vedete?), ieri sera, dicevo, mi sono accorta che così vi ho tolto di mezzo il pensiero di Cin-Ciu-E. e chi siete voi per non avere, insieme a me, il pensiero di Cin-Ciu-E?
Quindi, ecco, appunto, mentre, nel mio giorno libero, sono già in piedi da due ore e cerco di correggere i compiti sull’assicella del porta computer perché di là, sull’unico largo tavolo che abbiamo in casa, sta lavorando e sfumacchiando il Maritino, ecco, piazzo di nuovo al suo posto la tastiera e vi aggiorno su questa bella anima di cinesino.
Cinesino inteso come cinese ragazzino.
Che poi, ragazzino… Questo è in prima media con una stazza da futuro lottatore di sumo. Siccome non parla, si esprime a gesti. Cioè: mena. Una gomitata nel fianco del compagno di banco, un calcione nelle palle di chi gli passa vicino nell’intervallo, una strizzata con giravolta del gomito di chi lo sfiora andando alla lavagna durante una lezione, eccetera. Eravamo abituati ai cinesini che quando li incontravi sulle scale si appiccicavano al muro e abbassavano lo sguardo e ti facevano l’inchino, e ci troviamo con un ciainabullo che abbassa lo sguardo e basta.
Intendo dire: abbassa lo sguardo sempre, toujours, ever and ever. In cinese: 一直以来.
Andate a vedere se ha aperto il libro, e gli vedete il cocuzzolo di capellini neri neri e irti irti. Lo chiamate e notate che il crapone si muove da qualche parte, ma, comunque, non vi guarda. Che lì, io ho anche pensato che magari è come in qualche paese arabo, che se guardate qualcuno negli occhi è un’offesa e solo le bestie si guardano negli occhi, ma poi ho notato che, quando vuole lui, allora vi guarda. Ora, si sa, gli sguardi non parlano cinese o italiano. Gli sguardi parlano e basta. Preferirei che lo sguardo di Cin-Ciu-E parlasse cinese anche lui (mandarino standard, ché tanto io non lo capisco lo stesso). Perché gli sguardi di Cin-Ciu-E sono inquietanti. E mi fermo qui (ma ho chiesto conferma ai colleghi: quella di mate dice che quando lui la guarda lei sente un brivido e ha l’impressione di aver bisogno della guardia del corpo).
Ma andiamo oltre: Cin-Ciu-E, secondo me, è normalmente intelligente. Solo che fa finta. Fa finta di cosa? Fa finta di non capire, non sapere, non vedere, non leggere, non. Quando riuscite a fargli alzare lo sguardo, lo alza quel tanto da vedergli gli occhietti che vi fissano da sotto in su e voi cominciate: capisci quello che ti dico? E lui si ferma un momento, stasi, silenzio, congelato, e poi scuote ra-pi-dis-si-mo la testa di qui e di là: vuol dire: no, non capisco, cosa caspiterina vuoi, lasciami in pace.
E voi scandite: non-ha-i-il-li-bro?
E lui di nuovo congelato quei tre, quattro secondi sufficienti a preoccuparvi, poi scuote rapidissimo la testa su e giù: sì, il libro ce l’ha (per inciso: ha anche capito quello che gli stavate chiedendo).
E voi: tira fuori il libro.
E lui tira fuori, meno male. E voi gli consegnate due paginette di quaderno che vi sono costate un’ora e mezza di lavoro, dove avete riassunto, semplificando, la faccenda di Maometto (dopo avergli già riassunto, semplificando, la faccenda dei barbari o quella del Medioevo, eccetera). Nelle due paginette le frasi sono corte, elementari, le parole semplici e tradotte. Tradotte in che? Tradotte in disegno e tradotte in cinese. Chiedete a Cin se le parole tradotte in cinese si capiscono, e lui vi lancia uno sguardo da sotto in su, ha il momento di stasi (oddio che succede?), e poi scuote in su e in giù, che qui avete capito che vuol dire sì. Poi scuote di nuovo in su e in giù: sì, sì, le parole in cinese si capiscono, lui apprezza.
E voi allora gli dite: studia, ok?
E lui vi guarda, si ferma, e poi: sì.
Bon. Ce l’abbiamo fatta.
La volta dopo, gli date la verifica differenziata. Differenziata vuol dire con le figurine, i disegnini, le paroline in cinese e qualche domanda a scelta multipla con le crocette. Fate un giro per la classe e notate che alla domanda: chi è Maometto?, lui risponde: barbari.
Ora, la pagina dei barbari tradotta in cinese voi gliel’avevate data in dicembre, quella di Maometto gliel’avete data tre giorni fa, e gli chiedete: ma non sai chi è Maometto?
E lui: sguardo, gelo, stasi, e poi di qui e di là (vuol dire no).
E voi: ma dove’è la pagina su Maometto?
E lui vi guarda, stasi e stop.
Allora voi spiegate: la pagina che ti ho dato l’ultima lezione, dov’è?
E lui (che, tra parentesi, ha capito benissimo) sfila una bustina dallo zaino: nella bustina ci sono tutte le vostre pagine tradotte, illustrate, sudate, nuove di pacca. Lui le prende e se le mette lì, e amen.
Allora gli fate tirar fuori l’ultima e gli dite, minacciosi: ora fai la verifica e la prossima volta ti interrogo in i-ta-lia-no su Maometto.
E lui vi guarda, si gela, stasi, poi fa su e giù con la testa. Sì, ha capito, prende il diario e scrive qualcosa. Poi vi riguarda e fa un sorrisino strano.
Gulp.