Care amiche, gentili amici,ecco qualche ricordo di una splendida giornata trascorsa a parlare di “romanzo storico”.All’Hotel Borromini di Roma, le EWWE si sono radunate a convegno per ascoltare, discutere, imparare… relatori di altissimo livello, addomesticati dalla nostra Cinzia Giorgio, storica finissima e autrice per Rizzoli (collana YouFeel) con il romanzo austeniano “Prime catastrofiche impressioni”.Giulio Leoni, maestro del thriller storico.Alan D. Altieri, arrivato al terzo capitolo della serie Magdeburg.Elena e Michela Martignani, specialiste dell’epopea dei Borgia.
La mattina trascorre immersa in una piacevolissima conferenza dei quattro autori ospiti dell’evento. Numerose le domande dal pubblico, composto da scrittrici e lettrici agguerrite. Gli autori ripercorrono l’iter seguito per la stesura di un romanzo storico: la trama abbozzata dopo l’idea iniziale non può non fare i conti con un’accurata ricerca storica. Non solo i fatti storici accertati devono entrare nel racconto, ma anche il linguaggio, gli usi e costumi, la cucina, e così via. Il lettore deve immergersi in un’epoca più o meno lontana. Un gossip viene regalato agli ascoltatori e suscita molte risate: un’autrice americana, di cui si tace il nome, non vuole che i suoi romanzi storici, ambientati nell’antica Roma, siano pubblicati in Italia. Il quadro storico-sociale-culturale che la scrittrice ha creato, infatti, non supererebbe l’analisi critica di qualsiasi lettore del nostro Paese.La prima “domandona” riguarda le caratteristiche del romanzo storico. Questa è la risposta, che gli autori ospiti presentano, parlando uno dopo l’altro.1. Prima di tutto, la VEROSIMIGLIANZA. Le vicende potrebbero essere accadute davvero, la cornice storica nella quale sono inserite è dettagliata e riconoscibile. 2. In secondo luogo, il NARRATORE, che deve essere esterno alla storia e onniscente (sa tutto della vicenda), conosce la situazione storica e sociale in cui la vicenda è inserita, conosce i fatti e i retroscena. 3. In ultimo, i PERSONAGGI, spesso persone comuni e non personaggi storici di rilievo.Il romanzo storico, dai tempi di Walter Scott e di Manzoni, ha avuto numerose contaminazioni: il thriller, il poliziesco, il rosa (con la sfumatura più o meno accentuata di erotismo, sdoganata dalla grande Woodiwiss). Un esempio di thriller storico è il romanzo di Giulio Leoni “La sindone del diavolo” (un’indagine di Dante Alighieri).
Nel corso del workshop pomeridiano, questo terzo punto è stato dibattuto: un romanzo storico può annoverare al suo interno solo personaggi d’invenzione, oppure deve essere assicurata la presenza di personaggi storici che interagiscono con quelli scaturiti dalla penna dell’autore? Le sorelle Martignoni sono l’una contro l’altra armata. Personalmente (parlo, ovviamente, del romanzo storico “puro”, non del “rosa” che pure amo) ritengo che la seconda posizione sia da condividere. Quindi, personaggi inventati e personaggi storici che interagiscono (Renzo e Lucia, ma anche il cardinal Federigo Borromeo, per intenderci).
Come si fa a prendere il lettore e a immergerlo nelle vicende di un romanzo storico, senza essere pedanti e/o didascalici? I sistemi sono diversi. Ecco il primo, inventato dalla sottoscritta: “Era il 15 giugno dell’anno 1815 e a Bruxelles fervevano i preparativi per il ballo della duchessa di…”. Sappiamo subito che siamo alla vigilia della battaglia di Waterloo e ci aspettiamo di vedere la storia di Madame X e Monsieur Y mescolata alle vicende di Wellington, Napoleone, Von Blucher e compagnia bella. Un incipit più titolato è quello che Valerio Massimo Manfredi utilizza per “Il tiranno”: “Corinto, 342 a. c. Secondo anno della CVIII Olimpiade. L’uomo arrivò poso dopo il tramonto quando le ombre cominciavano ad allungarsi sulla città e sul porto.”Oppure, ecco un brano che introduce una realistica e minuziosa descrizione dell’ambiente in cui si svolgeranno i fatti: “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti…”, come accade ne “I promessi sposi”.La finzione del manoscritto ritrovato è un espediente collaudatissimo: da “I promessi sposi”, già citato, a “Ivanhoe”, di Walter Scott, al “Manoscritto trovato a Saragozza”, di Jan Potocki, a “La lettera scarlatta”, di Nathaniel Wawthorne, a “Il cimitero di Praga”, di Umberto Eco.
Il problema del linguaggio viene dibattuto a lungo. Chi privilegia l’uso di un linguaggio moderno, più comprensibile e privo di note e notarelle esplicative; chi, invece, ritiene che alcune regole vadano comunque osservate, pur senza ritrovarsi a scrivere in napoletano del Seicento. Un esempio: Inghilterra, inizi secolo XIX. Impensabile che gli amici e gli sposi si diano del “tu”. Il “voi” è d’obbligo, con qualche cedimento nell’intimità più calda (capitemi…).
Come riuscire a entrare nella testa dei personaggi? Quali testi compulsare freneticamente? Dopotutto, i grandi tomi lasciano poco e niente al nostro bisogno di sapere come si alzava al mattino una damigella di nobile schiatta. Si lavava? E quanto? E come? Per l’abbigliamento, e mi riferisco all’Ottocento, abbiamo moltissimi figurini di moda che ci vengono in soccorso. Per altre annotazioni, possiamo leggere i diari che le nobildonne e i gentiluomini scrivevano a più non posso, sperando che la Biblioteca cui ci siamo rivolti disponga di microfilm (ricordo ancora gli strati di polvere sui tomi de “Le cronache di Froissart”, anche se le vicende turche forse non vi interessano). Possiamo copiare spudoratamente da famosi romanzi storici, con la speranza che gli autori si siano documentati prima di noi. E… attenzione: quelli che noi con facilità etichettiamo come “romanzi storici” non sono tali per gli scrittori che hanno pennellato vicende e personaggi contemporanei.
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Venezia, estate 1313. Nel corso del suo lungo esilio, Dante Alighieri non ha mai visto un luogo simile. È come se quella città sospesa sull’acqua fosse in perenne movimento e si divertisse a disorientare chi vi si avventuri senza guida. Il poeta però non ha scelta: deve affrontare quella labirintica selva di calli e canali per rintracciare uno speziale saraceno, Nazeeh Al Bashra, che si nasconde nei tenebrosi recessi della città. Un uomo accompagnato da una fama sinistra, ma che forse è l’unico in grado di curare Arrigo VII. Dante ha ancora negli occhi il viso sofferente dell’imperatore, sul quale un male antico ha scritto l’esito fatale del suo destino. Un destino legato a filo doppio a quello del poeta, che con la morte del suo protettore perderebbe anche l’ultima speranza di rientrare da trionfatore nell’amata Firenze. Eppure, fin dall’inizio, la missione presenta risvolti inquietanti. Chi sono gli oscuri personaggi che lo avvicinano e che sembrano sapere tutto dell’opera che sta ancora scrivendo, il suo viaggio negli inferi? E perché si ostinano a ripetere di aver visto il Diavolo aggirarsi per Venezia e di conoscerne le reali fattezze? Dapprima incredulo, Dante viene assalito dai dubbi quando l’uomo cui era stato indirizzato per avere notizie del saraceno viene ucciso, in un modo così atroce che solo un demone avrebbe potuto escogitare. Forse davvero la Serenissima è il palcoscenico di una macchinazione diabolica. Forse davvero il Diavolo ha deciso di sfidare le leggi del cielo e di rivelare all’umanità il proprio volto…
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Una donna nuda coperta di petali di rosa attende l’amante. E’ Vannozza Cattanei, la protagonista del romanzo. L’uomo che ama è il più potente di Roma: Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI. Questo però è un ricordo ormai lontano, uno dei tanti che lei vuole riportare alla luce per onorare il suo passato. Ora Vannozza è anziana. Con alcuni dei suoi si è rifugiata nel castello di Nepi perché papa Alessandro è morto da pochi giorni lasciando l’Urbe sconvolta dalla lotta per la conquista del soglio vacante. Nel corso della narrazione, che si snoda seguendo il filo dei suoi ricordi, Vannozza non si spoglia solo degli abiti, ma mette a nudo anche la sua anima. Non ha pudore nel descrivere i suoi amplessi, e lo fa con la naturalezza di una donna semplice. Non ne ha nemmeno quando esterna i suoi pensieri più intimi, quelli che pochi hanno il coraggio di confessare non solo agli altri ma anche a se stessi. Così racconta dei suoi famosi figli, Cesare, Juan, Lucrezia, Jofrè, delle loro passioni e di quanto lei li abbia amati; senza fingersi la madre che non è stata si spinge a scandagliare i suoi più reconditi sentimenti, alcuni non proprio leciti. Spontanea e remissiva, determinata e sensuale, Vannozza affascina con la sua forte personalità e la sua grande umanità. Una donna completa, eternamente femmina.Cinzia Giorgio è una “vecchia” conoscenza del blog. Di seguito, trovate i link per l’intervista e per la recensione del romanzo “Prime catastrofiche impressioni”.
http://babetteleggepervoi.blogspot.it/2014/07/a-tu-per-tu-con-cinzia-giorgi.html
http://babetteleggepervoi.blogspot.it/2014/07/prime-catastrofiche-impressioni-di.html
Dal primo momento in cui ha letto Orgoglio e Pregiudizio Isabella ha capito che la sua vita non sarebbe più stata la stessa, ma soprattutto che non sarebbe più stata sola. Infatti i personaggi del romanzo – Elizabeth, Darcy, Jane, Mrs Bennet e tutti gli altri – hanno iniziato ad apparirle come simpatiche visioni, costanti e divertenti. Così quando Isabella viene ingaggiata come house sitter da Giorgia, una giovane e ricca italo-inglese neo divorziata, tutta la simpatica comitiva si trasferisce nell’appartamento con lei… e il gatto Bacco. Nel contratto però non era prevista la presenza del fratello di Giorgia, Fabio, prototipo del moderno Mr Darcy: bello, ricco e un po’ snob. Un tipo davvero insopportabile che torna all’improvviso a casa e non sembra gradire la nuova inquilina. Spesso la prima impressione non è quella giusta, parola di Elizabeth Bennet. Prime Catastrofiche Impressioni s’ispira a Orgoglio e pregiudizio e fa parte della miniserie “Le ragazze di Jane Austen”.