Per rispondere alla domanda- si può fare a meno dell'energia nucleare? - ci sono numerose considerazioni da valutare.
La prima considerazione riguarda l'Europa. Nel Vecchio Continente (UE e altri Paesi europei, Russia compresa), vi sono grandi centrali elettriche per circa 500.000 MW che nei prossimi 20-25 anni dovranno essere messe fuori servizio per anzianità. E quindi sostituite da nuove centrali per una potenza equivalente (senza qui considerare l'ulteriore potenza necessaria a soddisfare la nuova domanda, che, pur in presenza di politiche di risparmio e di efficienza energetica, è prevista in notevole crescita).
Si tratta in gran parte di centrali "di base" (soprattutto nucleari e a carbone) il cui servizio è cioè indispensabile tutto l'anno, di notte e di giorno, in giornate ventose e senza vento, per cui è impensabile che possano essere sostituite da fonti rinnovabili, se non in minima parte.
Chi è convinto che si possa rinunciare al nucleare in Italia dovrebbe anche dire quale alternativa ci sia alla sostituzione di queste centrali. Anche in considerazione dei vincoli di competitività, di sicurezza degli approvvigionamenti, di inquinamento locale e di emissioni di gas serra che sono già forti oggi e che saranno di anno in anno crescenti.
Ovviamente non è né logico né razionale ipotizzare che tutta questa potenza venga sostituita da nuove centrali nucleari. Ma certo è difficile immaginare un futuro senza un rilevante ruolo anche per il nucleare, è che l'unica fonte che offre grandi potenze unitarie a prezzi competitivi, senza accrescere la dipendenza da altri Paesi , senza emettere alcun tipo di inquinante (ossidi di zolfo e di azoto, polveri, diossine e altri inquinanti chimici) e senza impatto sul clima globale.
La seconda considerazione è di carattere più generale. Sulla Terra vivono 6,7 miliardi di persone, di cui "i ricchi" (1,2 miliardi, pari al 18% circa) consumano quasi il 50% di tutta l'energia primaria prodotta e il 60% di quella elettrica. Dei rimanenti 5,5 miliardi, che si dividono il restante, circa un miliardi e mezzo di persone non ha nemmeno accesso all'elettricità.
Inoltre continuiamo ad aumentare di numero: tra poco più di 30 anni saremo 9 miliardi, con un incremento di popolazione tutto a carico dei Paesi oggi in via di sviluppo, che quindi raggiungeranno la cifra di 7,5-8 miliardi, mentre noi "occidentali" resteremo più o meno 1,2 miliardi.
Ebbene, è lecito e giusto sperare che quei 7-8 miliardi di "altri" possano avere un consumo di energia elettrica adeguato a soddisfare dignitosi livelli di vita. Diciamo: un consumo, tra 30-40 anni, pari alla metà di quello medio oggi in Europa (e quindi ad a un quarto di quello medio americano).
Nell'auspicabile modesta ipotesi appena fatta, i consumi di energia elettrica nel mondo dovranno molto più che raddoppiare rispetto ad oggi. Il che vuol dire che occorrerà reperire una quantità enorme di energia supplementare, da utilizzare nel rispetto dell'ambiente e senza impatti sul clima globale.
In questo caso un ruolo di primo piano, forse determinante, potrà sicuramente essere svolto dalle fonti rinnovabili. Ma per la copertura della grande domanda di base proveniente da Paesi sempre più urbanizzati e sempre più industrializzati sarà comunque indispensabile una larga quota di energia prodotta da grandi centrali di potenza. E dunque, di nuovo, si pone la domanda: si può fare a meno dell'energia nucleare?