Se la vostra Tv satellitare fa le bizze, la colpa potrebbe non essere dell’antenna, ma del Sole. Da cui arrivano flussi di elettroni ad alta energia che possono, nel tempo, danneggiare i satelliti geostazionari usati per le telecomunicazioni (televisione ma anche telefonia, navigazione e trasferimento dati). Il problema non è nuovo, anzi è ben noto. Ma ora uno studio condotto da ricercatori del Massachusetts Institute of Technology e pubblicato sulla rivista Space Weather presenta una accurata statistica che mette in relazione l’attività solare con i problemi di malfunzionamento registrati da alcuni satelliti. E spiega che i sistemi di allerta oggi a disposizione di chi gestisce i satelliti potrebbero concentrarsi sui fattori sbagliati, tanto da risultare inefficaci.
Kerry Cahoy, professore di aeronautica al MIT, ha lavorato con il suo gruppo in collaborazione con Inmarsat, un operatore di telecomunicazioni britannico. I dati di telemetria relativi a 8 satelliti della società (dati che registrano regolarmente il funzionamento ed eventuali anomalie di tutti i componenti a bordo dei satelliti) sono stati passati al setaccio, coprendo il periodo dal 1996 al 2012. I ricercatori hanno individuato 26 serie anomalie di funzionamento in grado di compromettere le operazioni dei satelliti fino a veri e propri blackout. Le anomalie interessavano per lo più gli amplificatori a stato solido che, sui satelliti, hanno il compito di rendere più potente il segnale ricevuto prima di rimandarlo a Terra. Hanno poi analizzato le condizioni del “meteo spaziale” immediatamente precedenti a quelle anomalie, grazie ai dati registrati da altri satelliti (questa volta, scientifici) che osservano l’attività solare e i suoi effetti sul campo magnetico terrestre. Qui è arrivata la parziale sorpresa. La maggior parte delle anomalie si sono verificate quando le perturbazioni del campo magnetico terrestre riconducibili al Sole erano relativamente basse. Queste perturbazioni sono misurate da un indice chiamato Kp, che i progettisti e gestori di satelliti analizzano regolarmente considerandolo un buon indicatore del livello di radiazioni a cui è esposta la strumentazione del satellite. Un Indice Kp alto (il suo valore può andare da 0 a 9) è considerato “a rischio”. Ma i malfunzionamenti documentati da questo studio sono avvenuti quando l’indice Kp era sotto il livello 3.
I ricercatori suggeriscono che per i satelliti sia più preoccupante un’altra misura: quella del flusso di elettroni ad alta energia dal Sole, che al contrario dell’indice Kp è alto soprattutto durante la fase calante del ciclo di 11 anni di attività solare. Nel tempo, gli elettroni provenienti dal Sole potrebbero accumularsi all’interno del satellite, portando a un eccesso di carica elettrica che danneggia gli amplificatori e altri circuiti.
“Uno studio di questo tipo è senz’altro molto interessante, perchè riguarda un numero significativo di satelliti ed un periodo temporale molto esteso” spiega Mauro Messerotti, esperto di space weather dell’Osservatorio Astronomico di Trieste dell’INAF. “Inoltre si tratta di un lavoro scientifico di dominio pubblico, cosa che solitamente viene evitata per gli effetti dello “space weather” sui sistemi spaziali. Infatti le industrie che producono e le societaà che gestiscono satelliti non sono solite rendere pubblici gli eventi negativi, che potenzialmente andrebbero a detrimento della loro immagine. In effetti l’unico modo per effettuare un’analisi approfondita della problematica, così come presentato nell’articolo, è quellodi avere accesso ai file di telemetria dei satelliti, che non viene pressoché mai resa disponibile dai gestori. E’ vero comunque che i satelliti delle generazioni più recenti vengono progettati con criteri molto stringenti per quanto attiene alla resistenza alle radiazioni, impiegando modelli raffinati ed assumendo soglie di fluenza ed energia delle particelle molto superiori a quelle attese negli eventi spaziali di elevata intensità. Ciòporta ad un design molto avanzato per quanto attiene al “grounding” dei sottosistemi dei satelliti, che minimizza l’accumulo di carica elettrica superficiale e ne rende molto difficoltosa la penetrazione all’interno del satellite stesso. Ovviamente tali raffinate tecniche di progettazione devono essere periodicamente aggiornate. Da un lato, in base alla sempre crescente della sofisticazione delle prestazioni richieste e quindi dell’elettronica relativa, e dall’altro, secondo le sempre maggiori conoscenze dell’ambiente di radiazioni di origine solare e non-solare”.
Fonte: Media INAF | Scritto da Nicola Nosengo