I dati economici della crisi resi noti in questi giorni da Confindustria assomigliano ad un bollettino di guerra: -9% Pil, -23,6% produzione industriale, -43,15% costruzioni, -8% consumi famiglie, -27,5% investimenti, -7,8% di occupazione e quasi 2 milioni (1,968) di unità di lavoro perse.
A ciò aggiungiamo soltanto altri due dati “sociali”: tre milioni di persone povere in più (+93,9%), 3,7 milioni in più cui manca lavoro (+122,3%).
Ma i nostri politici si stanno occupando di questo sfacelo? Macché!
Si stanno scornando sull’italicum al posto del porcellum piuttosto del democratellum, siamo alla follia pura.
I nostri telegiornali “aprono” proprio con queste notizie, come se da ciò dipendesse il futuro economico del nostro Paese. E’ chiaro che con un martellamento mediatico di questo genere ci possa essere qualche rintronato che finisce per credere che queste diatribe di casta possano avere una qualche influenza sulla vita reale degli italiani, ma la quasi totalità dei cittadini è lontana mille miglia da queste beghe da comari.
Il fatto, però, è che non nasce in Italia un movimento di repulsione a tutto ciò, ed è proprio questa la cosa più preoccupante, la “rassegnazione” che ha ormai pervaso la nostra società.
Siamo un Paese di “pensionati” nel senso di persone senza ambizioni, che cercano di avere il loro “assegno di quiescenza”, misero ma sicuro, non chiedono altro gli italiani, se non di morire in maniera dignitosa.
Ed allora ecco che risollevarsi diventa un esercizio impossibile, occorre chiedere “aiuti” all’estero, andiamo ad elemosinare noi, noi che siamo la patria della cultura e dell’ingegno, noi che abbiamo dato all’umanità le menti migliori.
E l’emblema del nostro sfacelo è proprio la nostra Compagnia di bandiera, forse non è un caso che allora sia stato scelto quel nome: si scrive Alitalia … si legge Italia.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro