Si scrive soltanto di ciò che non si riesce a spiegare a parole - Appunti sparsi

Creato il 23 ottobre 2014 da Stupefatti

CONTINUARE A SCRIVERE, APPUNTI

1) "Scriviamo, sapendo di essere sconfitti ancor prima di incominciare. Ogni giorno chiediamo nuovi tormenti. più abbiamo pruriti e più grattiamo e meglio ci sentiamo. E quando anche i nostri lettori incominciano a provare prurito e a grattarsi, ci sentiamo sublimi". (Henry Miller)

2) "Penso solo che la letteratura che non esplori quello che significa essere umani oggi, non è arte". (David Foster Wallace, leggi il testo integrale)3) Scrivere dovrebbe essere cercare la verità, affrontare la realtà qualunque essa sia. Pensare e dire ciò che di solito viene taciuto, per paura, vigliaccheria, autoconservazione.Leggere dovrebbe provocare lo stesso brivido che si prova quando ci si butta dal paracadute. La stessa vertigine. Quella stessa incoscienza temeraria di chi si addentra in una caverna oscura.Scrivere e leggere dovrebbero far male, scorticare, ma rendere più robusti. Dovrebbero essere attività rischiose, ma che spalancano le porte per qualcosa di nuovo.4) Non scrivere per intrattenere, niente di piacevole, si scrive di carne e di sangue.Si scrive di sesso e della paura di essere perversi, dei mille sensi di colpa e dell’inadeguatezza costante, di quello che ci fa incazzare e del nostro senso di impotenza e dell’enormità del tutto, e della sua ingiustizia, e delle altissime risate e delle tristezze insondabili, e dei rapporti di amore e odio, e della dipendenza, del bisogno, della paura, della schiavitù e del dominio degli altri, e dei mille rimescolamenti della realtà.Si scrive di quello che non si comprende e quello che non si accetta.Si scrive dell’inspiegabile e dell’intollerabile.Si scrive dei propri nemici e della propria ignoranza.Si scrive di qualcosa quando non si riesce a spiegarla a parole.Si comincia a scrivere quando ci mancano le parole, sempre in continua ricerca.

SMETTERE DI SCRIVERE, APPUNTI1) "Non ho più la responsabilità della mia vita, di scavarci dentro. Sapete, avevo bisogno della mia vita come trampolino per le cose che scrivevo. Devo avere qualcosa di solido sotto i piedi quando scrivo. Non sono uno fantasioso. Saltello su e giù sul trampolino e poi mi tuffo nell’acqua della narrativa. Ma devo cominciare dalla vita per poterci pompare la vita dentro Non ho più la forza per sopportare la frustrazione. Scrivere è una frustrazione, una frustrazione quotidiana, per non parlare dell’umiliazione. È come il baseball: due terzi del tempo sbagli" (dall'Addio alla scrittura di Philip Roth).2) La seconda ragione (perchè si smette di scrivere ndr): si smette perché se ne è troppo ossessionati. Perché ci si rende conto di essere giunti al punto in cui la parola ha preso il totale dominio della propria vita. Si è diventati, come diceva Hermann Hesse, degli “affrescatori sentimentali”: persone che ricercano esperienze solo in quanto possono raccontarle, esteti dell’attimo, incapaci di purezza.Tutto questo è vero per ogni scrittore: l’impulso a vampirizzare quello che si vive è sempre lì, una malattia strisciante: con il tempo tendenzialmente lo si risolve e lo si integra: ci si rassegna, in qualche modo. Ma a volte qualcuno non ce la fa. Di fronte a tutto questo, di fronte al delirio di pensare l’esistenza in termini di scrittura e al distacco che la parola impone, si cerca un sollievo radicale. Basta. Fine. Torniamo a vivere la vita senza sporcarla con i concetti, senza pensarla in termini di storie e personaggi….


Il rapporto di uno scrittore con la realtà è di tipo narrativo. Anche se smette, non smetterà di inventare storie: solo, lo farà nella sua testa o avrà intuito di non essere più in grado di renderle come voleva. Chiamatemi idealista, ma credo sia impossibile cancellare quell’emozione, quel desiderio, quel rapimento che ti porta l’idea di una storia o di un personaggio, o anche solo la musicalità di una bella frase. William Burroughs l’ha espresso perfettamente così, in un’intervista:
Sa, mi chiedono se continuerei a scrivere anche se mi trovassi su un’isola deserta e sapessi che nessuna mai vedrà il mio lavoro. La mia risposta è, molto enfaticamente: sì. Continuerei a scrivere per avere compagnia. Perché creerei un mondo immaginario — il mondo è sempre immaginario — in cui vorrei vivere.(Giorgio Fontana su Minima&Moralia)
3) "Scrivere è abbastanza una maledizione…Dico abbastanza, perché c’è sempre e per tutti un momento di furore contro se stessi per avere iniziato. Di solito poi lo si supera, ma un piccolo trauma rimane e si cicatrizza lentamente". Paolo Bianchi sul blog di Veronica Tomassini.

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