Pubblichiamo la seconda parte della relazione che abbiamo tenuto al convegno Corpi e ruoli di genere tra stereotipi e realtà.
Dittatura della bellezza e femminismo
Uno dei problemi che il femminismo deve affrontare oggi è relativo all’ossessione data all’aspetto fisico, a quella che viene comunemente chiamata “bellezza”. È abbastanza evidente che la bellezza è percepita e valutata in maniera diversa per gli uomini e per le donne. La bellezza ha per una donna un peso maggiore rispetto a quello che ha per un uomo. Prima di valutare e dare un giudizio (positivo o negativo) sull’enfasi data alla bellezza è stato necessario comprendere le ragioni profonde di questa differente (e maggiore) considerazione che viene data alla bellezza femminile rispetto a quella maschile.
Come spiega Simone de Beavouir l’enfasi che viene data alla bellezza della donna è legata principalmente al fatto che essa è stata percepita per secoli come oggetto. Per affermarsi come soggetto l’uomo ha bisogno di porsi in contrasto ed in riferimento ad un oggetto. Ecco che la donna ha sempre svolto questa peculiare funzione che l’ha relegata ad un ambito di inferiorità. Ed ecco che l’enfasi e l’attenzione quasi morbosa non solo sul corpo, ma sulla sua bellezza è determinato inizialmente proprio da questo fattore. La donna deve essere bella, essa viene giudicata, percepita, apprezzata o disprezzata a partire dal suo aspetto e spesso solo in relazione ad esso.
Anche oggi in cui è stata raggiunta una certa forma di parità tra i generi, e forse più violentemente che in passato, l’esigenza della bellezza è stata sfruttata proprio per costringere e relegare le donne ancora ad una situazione di inferiorità e di subordinazione, sociale e psicologica. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, più le donne hanno ottenuto riconoscimenti scolastici, impieghi, posizioni sociali ed economiche alte, più si è sviluppato e diffuso un immaginario di natura violenta volto a riprodurre esattamente la situazione sociale che le lotte femministe andavano modificando: dominanza maschile e sottomissione femminile.
Oggi nel 2011 le cose non sono cambiate. Basti l’esempio della pubblicità: le modalità in cui la donna viene maggiormente rappresentata richiamano o la pornografia o rimandano a relazione sadomasochiste, in cui la donna quasi sempre è la parte sottomessa.
A questo scenario in cui dominano stereotipi negativi che perpetuano una subordinazione della donna sul piano sociale e psicologico si unisce il dato economico. Attorno alla cura del corpo e della bellezza ruota un’industria multimilionaria che sfrutta proprio questa sorta di “schiavitù” a cui le donne sono sottoposte e la conseguente insicurezza che ne deriva.
Le donne sono spesso disposte a tutto per ottenere i risultati sperati, sono disposte a spendere qualsiasi cifra. E l’industria cosmetica, sfruttando il mito della bellezza, ricava guadagni astronomici. Va da sé che più idealizzati, perfetti e lontani dalla realtà sono i modelli proposti, più sarà difficile per le donne raggiungerli, e più tempo, energie, denaro dovranno investire in questo tipo di progetto.
Lo sfruttamento del mito della bellezza da parte dell’industria cosmetica passa attraverso il ricorso ai media. Essi si riferiscono e rimandano a tale mito in modo subdolo, ossessivo e martellante. Anche per la donna più sicura di sé, realizzata sul piano personale, economico, sociale è difficile non essere in qualche modo condizionata da questo incessante martellamento. È facile immaginare che effetto abbia sulle giovani e sulle giovanissime.
Proprio a causa della necessità di costante guadagno da parte dell’industria, vengono proposti modelli stereotipati di
I problemi principali sono due: la proposizione di modelli effettivamente irraggiungibili con il conseguente aumento di insicurezza e della mancanza di accettazione del proprio corpo, ma soprattutto la mancanza di possibilità di scelta. l’adeguamento al modello non è solo richiesto, ma è imposto, pena l’insorgere dell’insicurezza e dell’esclusione sul piano sociale e talvolta economico e relazionale.
“la vera questione non ha niente a che vedere con il fatto che le donne si trucchino o meno, ingrassino o dimagriscano, si sottopongano alla chirurgia estetica o la rifiutino, si vestano in un modo o nell’altro. Il vero problema è la mancanza di possibilità di scelta” (Naomy Wolf, The beauty mith).
Crediamo che su questo tema il femminismo possa e debba avere qualcosa da dire. Alcune proposte concrete potrebbero essere le seguenti:
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regolamentare le pubblicità ingannevoli, quelle che per esempio impiegano massiccimente Phoshop (vedi la foto sopra) che creano donne artefatte ed “aliene”.
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Rendere consapevoli consumatori e consumatrici delle strategie di marketing in cui sono spesso inconsapevolmente inseriti.
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Mostrare la falsità e l’irraggiungibilità dei modelli proposti e coltivare il rispetto per l’unicità e la specificità di ciascuno.
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Educare le giovani generazioni all’idea che il proprio corpo è un elemento fondamentale della propria vita ma che una vera realizzazione non avviene solo attraverso di esso e attraverso il suo bell’aspetto.
Simone de Beauvoir, proprio sul tema dell’enfasi data alla donna come puro oggetto sessuale afferma:
“Il corpo è prima di tutto l’irradiarsi di una soggettività, è lo strumento indispensabile con cui conoscere il mondo: si conosce, si afferra l’universo con gli occhi e con le mani, non attraverso gli organi sessuali” (Simone de Beauvoir, Il secondo sesso).
Il femminismo deve servire alle donne non ad odiare gli uomini, ma ad amare se stesse.