“Ti sbatto per terra e ti violento, ora”. La risposta della ragazza, con un filo di voce, ci ha spezzato il cuore: “Sì, signore”.”
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Questo accade in TURCHIA. In questi giorni, nel 2013. Perché Erdogan ha detto che “la pazienza ha un limite” e oltre quel limite si massacrano gli studenti e si violentano le donne
Quel “Sì, signore” della donna è la frase più terribile di quella terribile testimonianza dello studente turco che ascolta: rappresenta la disperazione, la rassegnazione, la necessità di soccombere per salvare la propria vita, la rinuncia del corpo e forse di parte dell’anima (certo, della serenità futura).
Ma rappresenta anche un dolore antico e un’antica barbarie: l’uso del corpo delle donne come strumento di sottomissione al Potere. Dall’antichità ad oggi.
Il corpo delle donne come terreno di guerra.
Il corpo delle donne come campo di battaglia.
“Ti sbatto per terra e ti violento, ora” è stato comunicato alla donna come un proclama, un editto, una regola a cui sottostare, un’azione di guerra. Come una necessità a cui quel poliziotto non può sottrarsi per amore del dovere. Una prassi d’ufficio.
Nell’emanare il suo “proclama” il poliziotto sembra voler rivestire e ripulire la sua azione come fosse una “necessità istituzionale”. Avvisa la donna. La prepara all’atto.
E quel “Sì, signore” fa venire la pelle d’oca. Perché lei, quella mia sorella, non ha alternative. In quel momento lei è annullata come donna, come essere umano. Sa di non esistere. In quel momento lei non c’è più. Spero che la sua anima, la sua mente, le sue emozioni possano sopravvivere a una simile barbarie.
E come lei, tante altre DONNE TURCHE oggetto di VIOLENZA SESSUALE intesa dai poliziotti come ATTO PUNITIVO.
Molto comodo per certi “uomini” vestirsi con l’abito della sedicente legalità per compiere violenze sessuali.
E intanto, l’Italia e il mondo guardano. In silenzio.
Un silenzio più esplosivo di una bomba.
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