Si sparge dolce l’alba sulle mie colline. Il sole di fine maggio spunta e luccica il bosco, la verde pianta, il fiume.
Si snoda l’asfalto, gareggia col cielo, incontra il profilo di qualche rara nube bianca che aspetta il mezzogiorno.
Cantano in crescendo gli uccellini della primavera, felici del piccolo seme che portano nel becco, si rincorrono nel cielo, si incrociano si superano si lasciano indietro, e cantano cantano cantano.
Tu respiri il senso del giorno nuovo, il significato di quest’alba di fine maggio ti esplode nel petto. Guardi fuori, il balcone ed i suoi fiori, il salice poco oltre che non piange più, la magnolia con le mani aperte, luccicanti anch’esse come il bosco su per la collina, le verdi piante, il fiume.
Dalla cucina arriva l’afrore del caffè, la radio con la voce di chi – chissà chi – commenta i giornali del giorno nuovo.
Profumo di fragole, zucchero sparso sul tavolo, la gatta che si struscia contro le tue gambe e ti chiama, vecchia zitella pettegola anche lei come la luna della notte appena trascorsa. Farfalle nel petto, in fondo alla gola, fra le gambe dove i segreti si incontrano.
Svegliati, riprendi in mano il tuo tempo e il tuo spazio, sogna senza più dormire.
… sogna
Ogni mattina
Ogni mattina il mio stelo vorrebbe levarsi nel vento
soffiato ebrietudine di vita,
ma qualcosa lo tiene a terra,
una lunga pesante catena d’angoscia
che non si dissolve.
Allora mi alzo dal letto
e cerco un riquadro di vento
e trovo uno scacco di sole
entro il quale poggio i piedi nudi.
Di questa grazia segreta
dopo non avrò memoria
perché anche la malattia ha un senso
una dismisura, un passo,
anche la malattia è matrice di vita.
Ecco, sto qui in ginocchio
aspettando che un angelo mi sfiori
leggermente con grazia,
e intanto accarezzo i miei piedi pallidi
con le dita vogliose di amore.
Alda Merini
Tre di tre, trilogia per Alda
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