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Leggere libri tutto in un fiato per me è semplice.
Dopo una, due frasi, dalla concatenazione di verbi, aggettivi, sostantivi, articoli e punteggiatura sgorgano immagini. Il film corre veloce, l'ultima pagina del libro arriva.
Facile, naturale.
Se la magia non si realizza, il libro torna sullo scaffale, nell'attesa di qualche mobile che zoppichi per avere uno scopo nella vita.
Non sono rigida, nell'utilizzo delle parole.
Credo nell'utilizzo di segni tipografici per dare ritmo, spessore e tono alla prosa.
Tutto il necessario perché ciò che penso possa essere trasposto su carta o schermo nel modo più vicino al mio sentire, così che, chi legge possa sentire con me, possa equivocare il meno possibile quello che sto cercando di comunicare. Entri nella mia testa, veda quello che vedo io (ovviamente non sono una scrittrice, quindi al massimo, chi mi legge potrebbe avere un bagliore di fumetto... e io, indomita, ci provo lo stesso.)
Ma.
C'è un ma (oddio più ma ad essere sinceri... però, una cosa per volta)
MA.
I milioni di puntini che Rosita sparge come coriandoli al Carnevale
a.me.fanno.venire.il.prurito.
Mi sembra che il testo abbia la varicella.
E io mi gratto.
Credo ci siano elementi che in numero preciso e definito non daranno meno enfasi rispetto alla loro ripetizione all'infinito.
Tre puntini lasciano aperte porte, a volte ti lasciano lì, in bilico, sospeso tra quello che chi scrive vorrebbe suggerirti, quanto vorrebbe farti intuire e quanto lascia alla tua immaginazione. Alla tua interpretazione.
Tre puntini non chiudono, sono una discesa lieve o una salita dolce.
Decidi tu in che direzione andare.
La varicella di puntini, invece, mi fa venire in mente una frana.
Mi disancora dalla frase. Mi butta al largo.
Non mi permette di entrare di più nelle spire di pensiero di chi scrive, me ne allontana.
Mi fa pensare che ci sia troppo non detto, e se tu non vuoi dirmi abbastanza, vado altrove.
Tre è il numero perfetto...
(disse, calandosi l'occhiale sul naso e scudisciando l'aria con la bacchetta)
un due tre
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