Spendiamo miliardi- in dollari, rubli ed euro- alla ricerca della vita extraterrestre su altri pianeti. Da decenni siamo in ascolto con i nostri radiotelescopi, nella speranza di captare qualche segnale proveniente da mondi lontani. Abbiamo anche mandato delle sonde, con tutte le coordinate e le informazioni necessarie per raggiungerci. Ma se un giorno il contatto con creature dello spazio dovesse veramente avvenire, saremmo pronti all’evento epocale?
IL MESSAGGIO INVIATO NELLO SPAZIO SULLE SONDE PIONEER 10 E 11
Il SETI- il progetto scientifico per la ricerca di intelligenza extraterrestre- lavora da tempo in questo ambito. Oggi, conta anche sull’ aiuto di migliaia di volontari che dai loro computer contribuiscono ad analizzare l’enorme massa di dati elaborata dall’ Osservatorio di Arecibo, a Porto Rico. Il prossimo passo consisterà nell’invio di un messaggio diretto ai potenziali abitanti della galassia- un’iniziativa però non condivisa da tutti gli astrofisici, come ad esempio Stephen Hawkins, convinto che una eventuale risposta potrebbe avere conseguenze fatali per l’Umanità.
Pur senza tratteggiare scenari altrettanto drammatici, ora una ricerca dell’Università di Cadice, in Spagna, giunge alla stessa conclusione: meglio evitare l’incontro con civiltà aliene, per motivi sia sociologici che etici. Lo studio è stato condotto dal neuropsichiatra Gabriel de la Torre, docente dell’ateneo spagnolo e consulente per vari progetti spaziali dell’ESA, tra i quali Mars500, la simulazione del viaggio su Marte che ha tenuto per un anno e mezzo alcuni astronauti europei segregati come se fossero su un’astronave.
Riflettendo sull’opportunità di spedire nuovi messaggi nello spazio, De la Torre si è chiesto: ”Una tale decisione può essere presa a nome dell’intero pianeta? Cosa accadrebbe se avesse successo e qualcuno ricevesse il nostro segnale? Siamo preparati a questo tipo di contatto?” Per trovare le risposte, ha preparato un questionario che ha inviato ad un gruppo di 116 studenti universitari di Stati Uniti, Spagna ed Italia.
L’OSSERVATORIO DI ARECIBO, A PORTORICO