Non ci
sono fatti. Ci sono solo racconti.
Dobbiamo
alla globalizzazione e alla rete anche il consolidarsi di questa nuova
consapevolezza.
In
epoche antiche, quando sia la comunicazione che lo scambio delle idee erano ardui o impossibili,prima dell'invenzione della stampa, ma anche
dopo, poteva capitare che scritti, libri,
teorie, - per l'autorità indiscussa dell'autore, o perché non si conoscevano
opinioni alternative, o perché quelle opere ebbero la fortuna di trovare spalle
su cui spostarsi e arrivare alla gente
che allora contava, o perché
legittimate da sovrani, monaci o papi,...- diventassero best sellers e
condizionassero il presente e il futuro dei popoli, la loro educazione, le loro
credenze, il loro immaginario, la loro mentalità.....a volte anche traumatizzandoli.
Oggi
non sarebbe più possibile: tuttavia ciò di cui ci lamentiamo spesso, e cioè che
oggi non sembrano più apparire opere di
grande valore, può essere letto anche come garanzia della nostra libertà. La globalizzazione e la rete sono
all'origine della moltiplicazione e
dello scambio rapido di idee,
visioni del mondo, opinioni, libri e altri prodotti culturali. Questo fenomeno
è senz'altro alla base della desacralizzazione di ogni forma di autorità e, tra l’altro, anche
uno dei fattori della crisi
dell'educazione! È un bene? È un male? Era meglio una volta? Non mi pare.
In ogni caso non è importante trovare la risposta a queste domande. Questa è la
nostra esperienza di oggi. Questa è la
sfida con cui fare i conti, oggi.
La
rete, la interconnessione, il mercato
dei "segni" ad esse connesso, il moltiplicarsi e la "democratizzazione" delle
"visioni", lo scontro tra di esse, e anche la vita breve del loro successo, garantiscono la nostra libertà perché ci liberano dalla necessità di doverci inventare
continuamente "dei”, da
adorare, e dall'ossessiva pretesa di possedere visioni del mondo da imporre
agli altri. No, la globalizzazione ci rende consapevoli che, in realtà, siamo
di fronte, solo, a "racconti" diversi, molteplici e
mutevoli. Anzi ci aiuta a comprendere che siamo tutti dentro racconti.
Racconti:
il racconto tecnico-scientifico, il racconto religioso, il racconto etico, il
racconto mitico, il racconto artistico, o quel racconto con cui diamo forma e senso ogni giorno alla
nostra quotidianità, per banale che sia. Insomma, racconti, racconti,
racconti...che non significa favole, favole, favole (anche se non c'è niente di
male nelle favole!), ma tentativi
interminabili di interpretare la realtà, di trovare una strada o delle
strade....di cercare testardamente, usando "fiaccole", senza pretendere che si trasformino in "fari".
Chissà
se saremo capaci di affrontare queste sfide con serenità. Chissà se desisteremo
dalla pretesa risibile di affermare la verità dei nostri racconti dichiarando la morte di quelli degli altri.
Dovremmo aver capito che nessuno può illudersi di cancellare i racconti
umani,e ciò per lo stesso motivo per
cui non si possono uccidere le idee. Prima o poi riemergono sempre! Ci resta
solo l'alternativa di cercare testardamente punti di comunicazione e di scambio tra i diversi racconti umani.
Il “vero” attraverso i molteplici veri...l'essenziale nei frammenti, con
la convinzione sempre più forte che solo nel legittimarsi reciprocamente e nello scambiarsi i racconti, nel condividerli, nell'accoglierli tutti,
nel reinterpretarli, nel tradurli e
nel ridirli, è possibile, vivere e inventare la nostra vita comune e immaginare
il nostro futuro.
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