Nei giorni scorsi, un gruppo di intellettuali israeliani ed europei – più o meno autorevoli, più o meno di sinistra – ha lanciato a mezzo stampa un pubblico appello per mettere in guardia contro il ritorno in auge dei partiti antisemiti: il riferimento diretto è il successo elettorale di “Alba dorata” in Grecia. Non ne condivido alcuni dei punti ideologicamente orientati e trovo di converso detestabili alcuni dei primi firmatari (come BHL, l’ispiratore principale dell’aggressione franco-britannica contro la Libia e dei disastri che ha provocato), ma c’è un passaggio dell’appello che mi sembra particolarmente importante perché mette sullo stesso piano l’antisemitismo di Alba dorata e l’islamofobia di Geert Wilders, l’odioso demagogo olandese che l’Europa intera dovrebbe isolare e al quale invece – lo scorso anno – il senatore Gaetano Quagliariello e la fondazione Magna Carta vergognosmente concessero onori e pulpito:
Questa rinascita è stata possibile grazie all’attacco sistematico da parte di partiti di estrema destra all’aspirazione di “unione”, l’ideale repubblicano secondo cui tutti appartengono alla comunità nazionale. Questa campagna contro “l’unione” è modellata sulla strategia di Geer Wilder per il suo partito per la libertà agli inizi del 2000. Il nucleo di questa strategia è di nascondere il discorso della disuguaglianza delle razze dietro la maschera culturale della lotta contro la cosiddetta “islamizzazione dell’Europa”
(la traduzione avventurosa non è mia…)