Iniziamo la settimana guardando con interesse ad un evento che, tra qualche giorno, esattamente a partire dal 29 marzo fino al 1 aprile, si terrà nella città di Genova, a Palazzo Ducale, e che rientra nell'ambito de "La Storia in piazza", un'iniziativa culturale che già negli anni passati, due edizioni precedenti, ha riscosso un notevole successo sia di pubblico che di critica
In questa terza edizione storici, scrittori e filosofi dibatteranno il tema delle "migrazioni", ciascuno dalla propria angolazione culturale e storico-geografica di provenienza.
I nomi sono importanti (Livi-Bacci, Abate, Balard, Moni Ovadia,Cavalli-Sforza, Anna Foa, Montanari, Augé) e il tema è particolarmente spinoso e provocatorio visti i tempi e le idee che circolano in giro oggi a proposito di : "immigrato, sì?", "immigrato, no?".
A sottolineare la superficialità sopratutto culturale di certi interrogativi insidiosi è intervenuto subito per noi, ieri, dalle colonne di uno dei maggiori quotidiani italiani il curatore, cioé lo storico inglese Donal Sassoon.
Sassoon ci ricorda, infatti, che è cosa nota che fin dalla preistoria iniziarono, appunto, le migrazioni dall'Africa verso tutte le altre parti abitabili del nostro pianeta.
Da quel momento, e successivamente ,le spinte ad andare per l'uomo possono essere state e sono state probabilmente motivate dalla necessità di commerciare, di fuggire dalla guerra (non solo per l' Africa, ad esempio, ma anche per gli albanesi in fuga dai Turchi e approdati in Italia meridionale nel XV° secolo), oppure da persecuzioni politico-religiose o ancora da fame.
E poi- è sempre Sassoon a ricordarcelo - c'è stato molto più avanti anche il movimento dell'Occidente verso i Paesi poveri ovvero quello che chiamiamo colonialismo o le migrazioni verso le Americhe. Specie quella italiana, particolarmente consistente.
Insomma, come specie umana, siamo fatti per migrare.
E il cammino dei popoli va letto come segno di coraggio ,non certo di invasione, di aggressione.
Migrare è anche e sopratutto difficoltà coraggiosa di superare barriere linguistiche e culturali e non è roba da poco per nessuno.
Bloccare il cammino, invece, è privazione di libertà, tipico dei sistemi totalitari.
Ecco perchè la risposta al migrante dovrebbe essere quella dell'accoglienza, in un quadro normativo di leggi giuste, però.
La rassegna,oltre che incontri e dibattiti, prevede , a complentamento, anche mostre e spettacoli teatrali.
Venerdì 30 marzo è in programma, ad esempio, una maratona vera e propria di film-documentari tutti sull'argomento.
Poichè poi migrazione e cittadinanza vanno in parallelo, in chiusura, Salvatore Veca e Stefano Rodotà affronteranno anche il tema delicatissimo di "cittadinanza e diritti".
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
COMMENTI (1)
Inviato il 20 maggio a 12:31
Genova è contrapposta a se stessa! Alla EMIGRAZIONE dei suoi Cittadini...emigrazione obbligata "visto" e risaputo che a Genova NON c'è lavoro per tutti..molte fabbriche hanno chiuso i battenti da tempo..ma nel contempo vi è "caso strano.." IMMIGRAZIONE di molte Persone che NON lavorano..perché anche per Codesti Umani NON c'è LAVORO..e a Genova "quasi" tutti sono di provenienza foresti cioè di Persone neppure Italiane a Genova arrivano e si stabilizzano più Persone straniere..Come facciano a vivere nella metropoli Genovese è un reale mistero..gli stessi Genovesi sono stati per questo motivo di NON lavoro..COSTRETTI ad EMIGRARE Operai, Impiegati..con intere FAMIGLIE a seguito e NON sono poche BELIN ENIGMA.. GENOVA CONTINUA MORANDO. ..