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Sibilla Aleramo

Creato il 01 ottobre 2015 da Signoradeifiltriblog @signoradeifiltr

Sibilla Aleramo


Sibilla Aleramo
(1876-196
9)
28 dicembre 1959, mattino
... Il dottore ha trovato un peggioramento nello stato generale... fuori c'è il sole... Sento che sono vicina alla fine... sono stanca, tanto stanca. Non ho neppure la forza di un sorriso per gli amici che vengono a trovarmi. Però... ho avuto tanto dalla vita... sono contenta... E' dicembre, sento che non vedrò l'anno nuovo... è il mese più dolce per morire. Dicembre, la fine di un anno, come la fine di una vita, della vita... come agosto, che è il tempo più bello per nascere. Io, poi, sono nata di mezz'agosto! Che gioia per chi mi era intorno...ma sono stanca, come sono stanca! Anche il ricordare mi è di peso... i ricordi, poi... Quanti amici! quanti amori! Dino... Dino su tutti. Dino, il mio Dino! E gli altri... tutti amorevoli, tutti cari...
Giovanni Cena, il buon Giova
nni! Quanto tempo abbiamo passato insieme a combattere l'analfabetismo nelle paludi della campagna romana infestate di insetti malefici, zanzare che davano la malaria... tutt'e due a portare un poco d'istruzione a quei poveretti... Eravamo all'inizio del secolo... quanti anni sono passati... io ero là, insieme a Giovanni, due apostoli della cultura, pieni di amore, di entusiasmo. Sì.. d'amore... il nostro amore...... come eravamo giovani... e belli!
E' vero, anch'io ho dato il mio contributo a questa Italia letteraria, cominciando proprio da quell'Italia là! Cominciando dal nulla, dal vuoto; a combattere l'analfabetismo di una terra disastrata, che tanti bravi poeti avrebbe generato di lì a poco. Io. Una donna! Come è semplice pronunciare "una donna"; che poi è il titolo del mio libro, è stata per tutta la mia lunga vita la mia carta d'identità; una novità assoluta e inaspettata per il tempo, una donna che scrive, e che si afferma in mezzo a tanti uomini, o meglio, a so
li uomini.
Quanti complimenti! Alfredo Panzini, la cara Ada Negri, il buon Arturo Graf! E poi Ugo Ojetti! E il burbero Giovanni Papini; e Massimo Bontempelli! Quanti, quanti amici!
E Giovanni Cena, il maestro. Quanto male gli ho fatt
o, a Cena. Ma la mia inquietudine d'amore mi chiudeva gli occhi... e mi spingeva sempre tra le braccia di altri... quanti amori! Quanti grandi, indimenticabili amori miei! Cardarelli, mi scriveva pieno d'ardore: "Io vi amo! quando mi voleva amante!... Io ti amo, come... come.. ... poi si confessò ché mi voleva come sorella!
E poi... come posso scordare il "furore" del ragazzo Joe; scacciò come "chiodo scaccia chiodo" la mia violenta passione per Papini; l'ho amato come nessun altro mai, il tempo di una notte stellata! Il fuoco mi ha bruciata e consumata tutta. Aveva 19 anni e i più vividi occhi verderame ch'io abbia mai veduto... Io ne avevo trentasei, di anni, ed ero bella, nella pienezza della mia bellezza fisica, e il desiderio di sesso mi scoppiava nelle vene... il mio corpo era perennemente un fremito d'amore...
Sono stanca... anche di ricordare... perché sonno, non vieni, lungo... e silenzioso... perché non vieni a rapirmi...
Boccioni, il caro Umberto Boccioni! che trovai a perdetti in un giro di sole... io nascevo di mezz'agosto, e lui, povero caro, a mezz'agosto moriva... cadendo banalmente da un cavallo imbizzarritosi al passaggio di un carro militare, mentre faceva una esercitazione... vittima immolata alla guerra. Aveva trentaquattro anni, e tanto amore ancora da offrire...
Resta Umberto, il mio amore di un giorno, nelle sue tele piene di sole e di vita...
E come scordare il poeta per eccellenza, il vate Gabriele... ricordo amaro, invero... forse il solo ricordo veramente amaro per un amplesso mai avvenuto; che roccia sul mio petto, questo lo ricordo! atroce...
E gli altri, ecco, mi scorrono davanti agli occhi socchiusi, uno dietro l'altro, in una passerella che fino alla fine non potrò mai dimenticare: Rebora, Boine, e Cascella, che bel ritratto mi fece in quel tempo fe
lice... Ho amato tutti, e tutti mi hanno amato...
Dino! Dino Campana. Con le sue follie, i suoi scatti d'ira, le sue pazzie, ma anche il suo amore sfrenato... quanto amore gli ho dato! Quanto! La passione e il fuoco ci facevano più giovani di quel che eravamo.
Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli,
meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,
liberi singhiozzando, senza mai vederci,
né mai saperci, con notturni o
cchi.
La sua vicinanza, il suo viso sofferente, gli occhi profondi, i capelli rossi, i dolci versi che rincorreva follemente non raggiungendoli mai... Quei versi mi struggevano... mi struggevano d'amore! E per amore poi l'ho dovuto fuggire, per non impazzire con lui, per non morire d'amore con lui... ero giovane, e volevo vivere, se fossi rimasta vicina a lui ci saremmo uccisi a vicenda. Io volevo vivere... quanto male mi ha fatto! E quanto male gli ho fatto! Anch'io ho le mie colpe...
Se potessi tornare indiet
ro...
E Quasimodo, ed Enrico Emanuelli... e Franco ... Franco Matacotta, con la sua spensierata giovinezza... vicina ai miei sessant'anni... Franco l'ho tenuto sul mio seno per dieci lunghissimi anni, come una mamma, prima che volasse lontano da me, che lo tenevo in una gabbia d'oro...
Sono stanca.. tanto stanca...
Vieni sonno... por
tami via...
marcello de santis


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