Arriva l’avvertimento di Washington: se il governo italiano non farà di tutto per sbloccare la situazione del muos, allora è possibile che gli Usa possano appoggiare un nuovo movimento indipendentista nell’isola così come fecero dopo la guerra prima di essere sicuri di avere lo stivale ben stretto nella Nato. L’ambasciatore di questo ricatto nemmeno tanto nascosto è uno dei antichi e reputati consigliori delle amministrazioni americane, ossia Edward Luttwack, una vecchia conoscenza del pubblico italiano e in effetti il vero ambasciatore degli States per le questioni che contano.
Anzi Luttwack ha presentato un vero e proprio programma di governo: dopo aver attaccato in maniera del tutto gratuita e paradossale la politica nazionale che nega i diritti dello statuto siciliano, dopo aver fatto a pezzi (ma ci vuole molto poco) il milieu politico isolano per l’inefficienza e il clientelismo (in realtà cresciuto come un’erbaccia proprio sulle autonomie concesse alla regione) ecco che si slancia in un discorso programmatico su come turismo e commercio, con investimenti su porti e aeroporti potrebbe fare della Trinacria un hub mediterraneo. Detto così sembra una promessa di riscatto anche se si tratta di un’ovvietà ascoltata molte volte, ma che rischia di apparire più concreta di quelle dei politicanti locali e un faro di attrazione per ceti disorientati dal contemporaneo declino delle assistenze pubbliche, dei centri industriali, del welfare di sopravvivenza e perciò stesso anche del contro stato mafioso, almeno nelle sue espressioni locali proprio per la vastità e profondità del contagio. La tentazione di divenire una sorta di Portorico potrebbe anche avere qualche effetto nonostante la pessima esperienza dell’isola caraibica con una popolazione poverissima e per giunta in via di default.
Qualcuno anzi molti potranno pensare ad un esagerazione, ma così non è visto che il sistema di controllo globale Muos è la chiave di volta della strategia globale americana di controllo e attacco e oltre a quello di Miscemi – Sigonella ha solo tre altri impianti: in Australia, in Virginia e alle Hawaii. Dunque il gioco vale la candela visto che la base siciliana copre un vastissimo territorio che va dall’oceano artico al medio oriente e buona parte dell’Africa. L’avviso di Luttwak, che non è mai un uomo che parla a vanvera o per il gusto di fare polemica, arriva dunque in maniera precisa, anche se velato dietro qualche discorso generico, ma con un inedito quanto incongruo riferimento a una sorta di indipendenza. O quanto meno fornendo un possibile salvagente verso una classe politica fallimentare, corrotta e compromessa alla quale si fa balenare la speranza di un nuovo padrino di altre oceano. Purché obbediscano a Washington e non certo ai siciliani o alle leggi italiane.
Naturalmente c’è anche l’altra faccia della medaglia che consiste non soltanto nel gigantesco inquinamento elettromagnetico provocato dal Muos che fino a un raggio di 130 chilometri supera i valori stabiliti dalla legge italiana, ma anche nel fatto che la base diventerebbe il primo obiettivo di un eventuale nemico. E per quanto gli americani facciano i ganassa e stiano molto attenti a costruirsi un mito di supremazia totale il nemico eventuale che tutti sappiamo chi potrebbe essere, ha missili che essi non possono in alcun modo fermare. e strumenti militari in grado di assediare la Sicilia portando sul luogo le distruzioni di una guerra. E così i sopravvissuti dell’isola del turismo e commercio, dell’hub mediterraneo potranno sperare nei proventi delle comparsate per i film del dopo bomba, ammesso ovviamente che se ne girino.
In realtà ci vuole proprio poco a comprendere che la sola presenza di questo totem della guerra, con il suo inquinamento invisibile, ma temibile e a vasto raggio, per l’ipoteca di futuro che pone, per la minaccia che esprime è l’ostacolo più grande alla trasformazione dell’isola in hub mediterraneo e in paradiso turistico di livello. Ma questo naturalmente a Luttwak e agli Sranamore di Washington non importa un fico secco: l’importante è che possano mettere in piedi il loro mostro, non badano certo al costo delle parole, né a quella dei dollari nel caso fossero necessari. Del resto è già successo 70 anni fa che per assicurarsi il successo prima militare, poi geopolitico gli Usa abbiano devastato l’isola dandola in pasto alla criminalità organizzata. Sappiamo come ci tengono al benessere dei siciliani.