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Sicilia, ecco lo scenario del “Big One”

Creato il 09 luglio 2013 da Comunalimenfi
TERREMOTI

Non è certo un argomento allegro e benaugurante per cominciare la settimana.

Eppure qualcuno la domanda se l’è già posta: cosa succederebbe se si ripetesse il Big One? Per essere chiari: quali conseguenze avrebbe il sisma più potente della storia dei singoli territori se oggi ce ne fosse uno di pari intensità nello stesso posto?

La risposta è contenuta in un dossier del Servizio sismico nazionale, la banca dati della Protezione civile, anticipato a maggio da L’Espresso e in seguito rielaborato da diverse fonti. E per la Sicilia, soprattutto nel sud-est, si tratta di numeri agghiaccianti. Soltanto nelle 10 città-campione considerate, ci sarebbe un bilancio di 436.347 fra morti e feriti, con 373.544 persone senza tetto. Se riusciamo a riprenderci dallo choc di questi dati (dettagliati in seguito) e proviamo a incrociarli con quelli contenuti nel recentissimo “Rapporto sull’abusivismo edilizio” della Regione, c’è un elemento di ulteriore preoccupazione: l’84% degli immobili abusivi, in Sicilia, sorge su terreni sottoposti a vincoli sismico (7 su 10 con livello medio-alto) e idrogeologico. Ed è proprio questo l’anello di congiunzione fra la predisposizione “naturale” ai terremoti e la disastrosa mano dell’uomo, con responsabilità suddivise fra cittadini incoscienti, palazzinari senza scrupoli e amministratori compiacenti.

La simulazione
Partiamo dalla simulazione del Big One. Uno studio che può apparire apocalittico, ma che in realtà è il database di cui si serve da anni la Protezione civile per programmare l’emergenza in caso di terremoto. Un imprescindibile strumento di lavoro, a maggior ragione in un Paese in cui i sismografi registrano in media 5-6mila scosse l’anno, comprese quelle impercettibili. Il Servizio sismico nazionale è arrivato a queste stime calcolando diversi fattori: oltre alla densità abitativa, sono decisivi i dati del Sige (Sistema informatico di gestione delle emergenze) della Protezione civile, soprattutto quelli sulla vulnerabilità degli edifici in base all’epoca e ai materiali di costruzione, oltre che all’altezza degli immobili e alla tipologia di terreni sui quali sorgono. Su questi elementi vengono stilati i cosiddetti “Scenari di danno comunali”, basati su tre diverse ipotesi: terremoti di intensità bassa, media e alta. Quest’ultima è pari alla massima registrata nel singolo comune. Per la Sicilia sud-orientale si fa riferimento al catastrofico terremoto dell’11 gennaio del 1693 (7.4 di magnitudo, 54mila morti accertati e una cinquantina di città rase al suolo), per il Messinese il termine di paragone è il sisma sullo Stretto del 28 dicembre 1907 (7.1 di magnitudo, vittime stimate fra 60 e 80mila).

Cosa accadrebbe oggi se si ripetessero quegli eventi?

Catania sarebbe la città con il più alto numero di quelle che i tecnici chiamano “persone coinvolte” (161.829 fra morti e feriti), oltre che la capitale nazionale dei senza tetto, in tutto 136.000. Sul secondo gradino del podio degli scongiuri c’è Messina, con 111.622 cittadini fisicamente coinvolti e 95.365 sfollati. Siracusa è al quinto posto di questa “lista nera” (63.480 morti e feriti; 49.859 senza tetto), superata da Reggio Calabria (84.559 e 74.187) e Foggia (73.539 e 64.468). Preoccupante anche l’impatto su Ragusa (32.168 e 27.493), Vittoria (26.399 e 22.835), Noto (10.264 e 8.612) e Pachino (8.278 e 9.245). Lo studio prende in considerazione anche le tre principali zone industriali della parte orientale dell’Isola: le conseguenze più pesanti per i cittadini sarebbero in quella aretusea (Augusta e Priolo, rispettivamente con 16.283 e 5.290 vittime; 13.312 e 4.841 senza casa), più contenuti a Milazzo i danni alle persone (734 coinvolte), ma pur sempre con 5.973 sfollati.
Siamo liberissimi di fare tutti gli scongiuri del mondo, ma è bene che questi numeri li teniamo ben stampati in mente. Anche perché il presidente dell’Ordine regionale dei geologi, Fabio Tortorici, proprio di recente ci ha sbattuto in faccia la “mappa di pericolosità sismica”, tratta «dalle caratteristiche geologiche della Sicilia orientale e dallo studio statistico dei terremoti». La stima: nell’Isola «la probabilità del verificarsi di un nuovo terremoto di magnitudo 7 entro i prossimi 150 anni supera il 99%».

Il dossier sull’abusivismo
Basta accostare i dati storici (seppur approssimativi, visto che sono del 1693 e del 1908) a quelli della simulazione del Big One per accorgersi che a distanza di secoli – nonostante i giganteschi passi avanti nei materiali e nelle tecniche costruttive – il bilancio delle vittime e degli edifici crollati sarebbe paradossalmente molto più pesante al giorno d’oggi. Il Servizio sismico nazionale ci parla di “persone coinvolte”, senza distinguere morti e feriti; ma fa impressione che nella sola Catania questo numero – seppur indeterminato – è tre volte più alto del totale di tutte le vittime del 1693.
E allora una chiave di lettura importante è spiegare quello che è successo al nostro territorio negli ultimi secoli, anche se basterebbe dire la verità sugli ultimi 50 anni. Sul sacco delle città e sulla cementificazione selvaggia s’è scritto più volte. Ma andiamo all’ultimo documento utile: il “Rapporto sull’abusivismo edilizio”, realizzato dal Dipartimento Urbanistica dell’Assessorato regionale Territorio e ambiente e validato il 28 maggio 2013 dall’Osservatorio regionale delle violazioni edilizie e delle sanatorie.

Il passaggio più interessante è nelle pagine 82 e 83, dove si legge che in Sicilia «la maggiore parte della volumetria abusiva risulta realizzata nelle zone sottoposte ai vincoli sismico e idrogeologico, (il più diffuso) nell’intera regione». E poi il dettaglio dei dati: «A livello regionale (per i vincoli presi in considerazione) si registra una volumetria abusiva complessiva di mc. 500.752,01 di cui mc. 423.603,61 per quanto riguarda la cubatura realizzata nelle aree sottoposte a vincolo idrogeologico e sismico». Nella terra della terra che trema l’84% degli immobili abusivi sorge in zone off limits per l’alto rischio di terremoti. Una pura follia.
Il documento dell’assessorato contiene «l’analisi dell’abusivismo e dello stato dell’arte dei procedimenti relativi alle sanatorie edilizie riferite alle leggi 47/85, 724/94 e 326/03 attraverso i dati forniti da ciascun Comune e desunti dal Siab» (Sistema informativo sull’abusivismo). Molto probabilmente è soltanto la punta dell’iceberg dello “sfregio” della Sicilia, poiché – per stessa ammissione degli autori del dossier – «le informazioni che se ne desumono non bastano a descrivere in termini numerici e volumetrici il fenomeno dell’abusivismo e la complessità delle problematiche ad esso connesse, soprattutto, se si prende in considerazione l’arco temporale nel quali si svolge ovvero, più di trent’anni di illeciti edilizi, ma certamente servono a delineare un interessante spaccato dello stato di fatto».

Il “Rapporto 2012″ mette nero su bianco che soltanto nello scorso anno in Sicilia sono stati segnalati dai Comuni ben 3.097 abusi edilizi (nel 2011 erano 3.925) per una volumetria totale di 605.674,73 metri cubi (856.476,67 nei 12 mesi precedenti). Una diminuzione che non necessariamente significa meno abusi, non solo perché non è considerato il dark number degli abusivi non censiti dalle amministrazioni comunali, ma anche perché non tutti gli enti hanno conferito i dati ufficiali alla Regione. E dopo che succede? In calo le pratiche di sanatoria edilizia: dalle 770.698 del 2009 si arriva a 758.856 del 2011, mentre lo scorso anno su un campione parziale (il 47,6% dei Comuni) il numero è pari a 314.000, con una percentuale comunque attestata sul 48,8% di iter definiti, mentre nel 35,3% dei casi gli uffici tecnici aspettano un’integrazione di atti e il 7,4% dei proprietari abusivi in attesa che la richiesta venga esaminata; soltanto il 2,8% delle procedure si conclude con un esito negativo.

E le ruspe? Su 3.097 ecomostri, soltanto nel 39,1% dei casi (1.211) c’è stata un’ordinanza di demolizione e rimessa in ripristino da parte dei Comuni. Tant’è che l’assessore regionale al Territorio e ambiente incalza i sindaci: «Bisogna dare un segnale di cambiamento, un segno di svolta. I miei uffici hanno emanato una circolare rivolta a tutti i Comuni inadempienti avvertendoli che se entro quattro mesi non porteranno a termine l’iter di tutte le procedure di demolizioni e di acquisizioni territoriali, saranno denunciati i responsabili degli uffici. Per gli episodi più gravi, la Regione potrebbe avviare le procedure di commissariamento». Un’iniziativa ecomiabile. Che però si scontra con le casse comunali asciutte. La priorità è sopravvivere al default. Preoccuparsi delle minacce della natura – in una terra divorata dagli abusi dell’uomo – è un lusso che non possiamo permetterci.

 


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