Giovedì mattina, durante l’audizione della Commissione regionale Antimafia, i sindacati di Polizia presenti hanno espressamente affermato che l’unico passo inavanti nel contrasto alla spaccio di strada, gestito al 90% da tunisini clandestini, è il rimpatrio dei soggetti pericolosi, rimpatrio che non deve essere solo sulla carta ma effettivo. Il sindacato Siulp, inoltre, ha sostenuto che la creazione di un C.I.E a Perugia sarebbe la soluzione ideale per accogliere questi soggetti in attesa degli adempimenti burocratici per l’espulsione e porterebbe grandi vantaggi sia in termini sociali che economici, visto che eviterebbe ai delinquenti di tornare a spacciare senza intasare le carceri e alleggerirebbe il lavoro dei Tribunali ma anche delle strutture sanitarie. Il sindacato Sap ha invece proposto di agire da subito utilizzando i centri di identificazione ed espulsione già esistenti in Italia, dichiarandosi comunque favorevole alla creazione di un C.I.E a Perugia all’interno di una programmazione nazionale. Queste posizioni rappresentano la sconfitta della retorica buonista delle amministrazioni e degli esponenti della sinistra, sempre pronti a tuonare contro il fallimento e l’inutilità dei C.I.E italiani e contrari all’istituzione di un C.I.E a Perugia.
La giunta Marini, che a parole richiama sempre la proficua collaborazione tra la Regione e le Forze dell’Ordine, perché non accoglie questi pareri cambiando la propria posizione sui C.I.E? Perché non attua concrete ed efficaci azioni di contrasto allo spaccio nelle strade di Perugia? Per quanto ancora questi spacciatori clandestini potranno circolare indisturbati senza essere rimpatriati?
Carla Spagnoli - Presidente Onorario del Movimento per Perugia