Sembra gravissimo, qualcosa che entra in rotta di collisione totale con l’idea di Europa che molti coltivano, ma in realtà non è che un preambolo, una preparazione al colpo grosso che si vuole attuare con la creazione del mercato unico col Nordamerica. Anche qui la Commissione insiste per introdurre uno strumento tossico per la democrazia che passa sotto il nome apparentemente innocuo di “meccanismo per la risoluzione delle controversie tra investitori e stato”. Nella realtà questo significa che le multinazionali possano contestare e annullare in nome del libero mercato le regole dei singoli Stati o della stessa Ue non solo in materia di sanità e di sicurezza, ma anche di scelte strategiche. Così una società che opera nel nucleare potrebbe contestare l’uscita della Germania dall’energia atomica o una banca mettere sotto accusa le normative finanziarie o una società petrolifera smantellare le regole contro il fracking.
Insomma un meccanismo che prevede una tutela del profitto e degli interessi delle compagnie al di là e contro le leggi degli stati, divenendo così il fulcro regolatore delle comunità. Il tutto viene gestito non attraverso i tribunali, ma attraverso arbitrati coperti da segreto tra avvocati aziendali, le cui decisioni sarebbero insindacabili. Questo in parte già accade in varie parti del mondo, soprattutto anglosassone, e uno dei “giudici” di questi organismi di arbitrato rivela: “ “Quando mi sveglio la notte e penso all’ arbitrato, non cessa mai di stupirmi che gli Stati sovrani abbiano accettato tutto ciò … ai privati è affidato il potere di rivedere, senza alcuna restrizione o ricorso, tutte le azioni del governo, tutte le decisioni dei tribunali, e di tutte le leggi o regolamenti emanati dal Parlamento”.
Tutto questo è stato tenuto segreto, ma ai primi di dicembre quando le prime notizie hanno cominciato a circolare (vedi qui ) la Commissione si è vista costretta a cambiare strategia e in una documento interno prefigura la necessità e/o l’opportunità di orientare i media a una campagna che dica come il trattato serva ” a creare occupazione” e non ”minare la regolamentazione e attuali livelli di tutela in settori come la salute, la sicurezza e l’ambiente”. Bene la trasparenza. L’unico problema è che non è vero come anche il Refit dimostra.
Del resto l’Osservatorio Corporate Europe (qui) rivela che per mettere a punto il meccanismo la commissione ha avuto 8 riunioni pubbliche con i rappresentanti della società civile e 119 a porte chiuse con le multinazionali e i loro lobbisti. Il gioco è scoperto a tal punto che Stuart Eizenstat, co presidente del Business Council transatlantico, organismo vitale per la messa a punto del trattato ha sostenuto che “ sì un Paese che vieta un certo prodotto dovrebbe pagare un risarcimento. Per esempio nel caso venisse vietata la vendita dei polli lavati con cloro che è una pratica ammessa negli Usa”. E poche settimane fa il ministro britannico Kenneth Clarke ha detto che “La tutela degli investitori è una parte standard di accordi di libero scambio. È stato progettato per sostenere le imprese che investono in paesi dove lo Stato di diritto è imprevedibile, a dir poco”.
Come si può vedere benissimo la Commissione, non riuscendo a tenere segreta la presenza di questo veleno per le democrazie, si appresta a raccontare un bel sacco di ballo ai cittadini europei, condendole o magari apertamente barattandole con illusorie speranze di chissà quale ripresa economica: stando al altri accordi di questo tipo i risultati sono stati scarsi e di breve durata.
Mi chiedo con una certa inquietudine perché nessuno parli di queste cose, nemmeno quello Tsipras di Syriza che negli auspici di qualche salotto della sinistra potrebbe essere candidato alla presidenza della commissione Ue e per il quale potrebbe essere inaugurata una lista di sostegno in Italia. Mi chiedo se dietro ci sia qualcosa o solo il tentativo di qualche personaggio in vista di finire tra gli agi di Strasburgo e fare da lì la quinta colonna per la sacra e intoccabile immaginetta.