La conta da uno a mille e rotti per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica ci fornisce l’opportunità di scorrere in ordine alfabetico l’universo parallelo che è il parlamento e scoprire, se uno ha voglia di leggerseli tutti, i numerosi nomi sconosciuti che occupano più o meno con merito quegli scranni così spesso vituperati. Oppure fate come me, siete al lavoro e con le cuffie al pc vi mettete ad ascoltare la cantilena della seconda e terza carica dello stato e scoprite che tiene compagnia, con quell’infinito appello che mette in sequenza le diverse combinazioni improbabili di lettere. Ma no, non ci sembra di aver mai dedicato così tanti pensieri ed energie alla politica come in questo periodo. Non so voi, ma qui non si parla d’altro. La situazione è tesa. La lista dei chiamati al voto continua. I cognomi che iniziano per “st” e pensi che poi si passi alla lettera successiva e invece ci sono quelli che iniziano con “su” e “sv” e poi chissà, magari ci scappa pure il pisolino. Il lento recitativo è un mantra che poi ricomincia da capo perché c’è la seconda chiamata e gli interessati di fretta a imbucare la loro indicazione dentro quella specie di confessionale che mette in risalto la sacralità del gesto e del luogo. Altro che conclave. Il livello base di lettura di questa corsa al capo dello stato è se c’è bisogno che si voti ancora in questo modo, se non si possano utilizzare i pulsantoni da gioco televisivo che hanno reso celebri i pianisti a più mani che facevano votare gli assenti, gli assopiti, i morti. A quest’ora, di votazioni se ne sarebbero fatte altro che tre. Allo stesso modo uno si chiede perché in mille a questa elezione, che è una riflessione che esula dal considerare ridondante il bicameralismo ma che insomma, diciamo che non è un belvedere. Ops, scusate questo sconfinamento nell’antipolitica. Meglio lasciare così e fare le riforme in modo democratico e non sull’onda della pancia popolare. Torno a godermi la lista degli eletti, l’unico elenco in cui un nome celeberrimo come un Gasparri può esser pronunciato dopo e prima di un emerito sconosciuto. E anzi sentire i vari Berlusconi e Bersani in un contesto da scuola elementare ne fa risaltare il paradosso. Si tratta di nomi che vengono pronunciati e scritti sempre da soli, sempre con una dichiarazione, verso la quale siamo molto spesso in disaccordo. Resta il dubbio di quanti sono. Tutti insieme fanno paura. Non c’è solo vita in Parlamento, c’è pure la calca.
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