talmente ingolfato e cieco dentro la bruta materia che la stronzata “ti ho dato l’anima” acquista una specie di plausibilità. Walter Siti
Dopo tutto, non me ne importa niente; noi abbiamo perduto le cose, in luogo della cose noi usiamo le parole. Penso al linguaggio come all’autore di un gran numero di false descrizioni e sogni incompleti. L’impossibilità di essere nelle cose, è la disperazione e la necessità del linguaggio. Né esperienza del mondo né esperienza del linguaggio preesistono alla loro relazione, eppure, per quanto sottile e complesso sia il sistema di accordi diplomatici che abbiamo elaborato -, se l’antica affinità di parola e cosa (la signatura rerum ) è ormai un trasognato oggetto, esperti come siamo nell’arte solitaria della rappresentazione che rappresenta sé stessa, tra mondo e linguaggio si indovina un reciproco abbandono. La mancanza di vero paragone tra mondo e linguaggio, e l’incerta proporzione di presenza e assenza, incomprensione e oblio, avviano a quell’opera estranea che è la poesia. Essa richiede un affetto passivo, un pensiero recettivo, e desideri imparati rispondendo.
Nanni Cagnone: The Oslo Lecture, il verri, n.39 febbraio 2009
La poesia è il luogo in cui la lingua si confessa alla musica: cioè alla matematica, che è corpo e respiro. Puoi barare con le parole, ma non quando sono in versi. Se la poesia non viene, non è mancanza di abilità, è mancanza d’essere: vuol dire che non sei abbastanza innocente, che non abiti dove pretendi di abitare. Se i versi che stanno in questo libro sono ingessati e goffi, vuol dire che il mio amore è finito – il primo tradimento è estetico. (Ma un sentimento dubbio non potevo esprimerlo data la legge di omogeneità della materia, che utilizzando uno strumento per me altrettanto dubbio e massimamente soggetto a fallire come i versi: diciamo che i versi sono il corpo del reato).
Walter Siti, Un dolore normale, Einaudi 1999