![Signori, il cane e’ servito; la bufala corre sulla rete. [Foto] listen it it Signori, il cane e’ servito; la bufala corre sulla rete. [Foto]](http://m2.paperblog.com/i/189/1892567/signori-il-cane-e-servito-la-bufala-corre-sul-L-3LVqFM.jpeg)
![Signori, il cane e’ servito; la bufala corre sulla rete. [Foto] Il cane e servito 300x177 Signori, il cane e’ servito; la bufala corre sulla rete. [Foto]](http://m2.paperblog.com/i/189/1892567/signori-il-cane-e-servito-la-bufala-corre-sul-L-2qNNCQ.jpeg)
Devo ammetterlo, io le notizie le divoro, non mi bastano mai, starei tutto il giorno a leggerle. E il mio palato non e’ nemmeno tanto raffinato o critico da poter distinguere, a prima vista, tra quelle vereequelle palesemente inventate. Un po’ come succede alla sedicente, povera signora in oggetto a quanto sembrerebbe; incapace di capire se sta mangiando carne d’agnello o di cane. E’ per quello che di solito controllo le storie che più mi incuriosiscono, inseguendole per i vari blog e giornali online, fino all’ultima fonte conosciuta, rilevabile peraltro con una semplice ricerca sul sempiterno google; ricavandone alfine una conclusione, ragionevolmente attendibile, di come sono andate le cose.
E’ con queste modalità che ricostruisco, facilmente, che su “Il canavese”, un piccolo giornale della provincia torinese, la notizia appare in prima pagina il 10 aprile 2013. L’articolo racconta di una donna, che recatasi al pronto soccorso per disturbi allo stomaco, riferisce di averli avvertiti al ritorno da una cena al ristorante; non proprio uno qualsiasi, ma un non meglio specificato ristorante etnico di origine asiatica. Se già gli elementi per servire un bel piatto a base di leggenda metropolitana non fossero sufficienti, l’articolo prosegue con il resoconto del rinvenimento, da parte del personale sanitario, di un chip nello stomaco della povera signora; di quelli usati per censire e identificare i cani domestici. Apriti cielo, le conclusioni sono facili da tirare.
Parecchi giornali online poi riportano la notizia, contenti di poter offrire un servizio alcittadino, che ha diritto di indignarsi verso tali barbare pratiche, portate avanti dai soliti “terribili” stranieri. Finché, per onor di cronaca, qualcuno degli stessi giornali online, non comincia a interrogarsi sulla mancanza di dettagli di tale notizia, o la poca verosimiglianza della possibilità che un chip, che normalmente viene apposto appena sotto pelle, e non in profondità nelle carni o nel muscolo dell’animale, possa finire nel piatto e infine nello stomaco della signora; giusto per svelare sadicamente la natura del pasto appena effettuato. Per non parlare del fatto che le dimensioni e la natura di quei chip (privi di batteria o altri elementi tossici anche se ingeriti), nessun disturbo allo stomaco del malcapitato creerebbe, lasciando il suo organismo come l’avrebbe trovato, come leggo in diversi altri articoli, mentre proseguo nella mia indagine della verità (con la “v” minuscola).
Basta fare un po’ di ricerca in più poi, per immaginare la fonte della notizia, che ciclicamente ricompare su vari siti, cambiando solo circostanze o, particolare di non poco conto, il luogo dove il fatto e’ avvenuto; la classica leggenda metropolitana servita in tutte le salse , specialmente nell’epoca di internet. Ma a discolpa di tutti quelli che ci sono caduti, me compreso, questa volta la notizia aveva tutti i crismi per essere presa in considerazione, provenendo da un tradizionale giornale cartaceo; le cui fonti si presuppone siano controllate da fior di professionisti. Poi si sa, quando la notizia e’ gustosa, e ancor meglio se disgustosa, le rete fa da cassa di risonanza, e allora chi la ferma più?
Ecco quindi vederla rispuntare anche oggi, nella bacheca del noto social network, fra le notizie portate alla mia attenzione; ovviamente nella versione originale. Quella che da la cosa per reale ed accertata. Poco importa capire come il loop si sia generato, se il giornale cartaceo l’abbia colta dalla rete o viceversa, fino a renderla immortale e strapparla alla dimensione della fantasia che l’aveva generata. Poco importa (ma forse anche no) se i consueti pregiudizi verso certi tipi di ristorante vengano nuovamente alimentati; alla fine la storia, come tutte le leggende metropolitane, e’ anche divertente. Magari però, a tutti quegli stranieri che si sono integrati nel nostro paese, con un lavoro che regala a noi tutti momenti di svago e squarci di usi e costumi di altri paesi, importa eccome dei possibili danni economici che tali dicerie comportano; specie quando vengono nobilitate da vere e proprie testate giornalistiche. E’ testimonianza di questi risvolti, da quanto leggo in un altro articolo online, la denuncia contro ignoti del Work Sushi, un locale di Padova, i cui titolari, stanchi di sopportare simili illazioni, per vie legali han tentato di porvi rimedio. Di mio posso dire che divertirsi ad alimentare queste leggende e’ facile quanto stupido, ricostruire una reputazione conquistata con fatica negli anni, no.
Non rimane che aspettare rassegnati la prossima notizia che indignerà inutilmente il popolo dei social network, si sa, non c’e’ che l’imbarazzo della scelta!!.




