28 gennaio 2013 Lascia un commento
O almeno quasi tutto.
L’ultimo horror decente visto in casa USA e’ stato questo "Silent Hill" e pur lasciando perdere videogioco e tutto quanto il resto,senza giri di parole o mezzi termini, c’e’ un solo nome che da’ senso e valore all’operazione: Roger Avary.
Non ripetiamolo ma c’e’ stato lui al fianco di Tarantino cosi’ come ha diretto tra gli altri gli ottimi "Killing Zoe" e "Le regole dell’attrazione".
Christophe Gans ha comunque i suoi meriti nel raccontare la storia non facilmente riassumibile, di una donna preoccupata dalle condizioni psicologiche della figlia adottiva al punto da ricondurla alla sua citta’ natale che si da il caso sia una citta’ fantasma distrutta da un incendio di una vicina miniera.
Giunte pero’ in citta’ la realta’ sara’ molto piu’ complessa e molto piu’ orrenda di quanto appare, tra dimensioni parallele e mostri che solo l’infermo poteva partorire.
Storia che incrocia elementi dai tanti capitoli del gioco che vivono nella pellicola in gran equilibrio e assoluta indipendenza nel senso che anche senza alcun background, e’ perfettamente comprensibile e godibile.
Il ritmo e’ perfetto, la tensione costante, l’orrore ha un volto nuovo e cinematograficamente efficacissimo.
Il gia’ lodato Avery ha riassunto e sintetizzato tre livelli di realta’ senza che per un istante ci si smarrisca perdendo il filo della storia, storia terribile e drammatica laddove i mostri si annidano in luoghi ben diversi di quanto ci e’ dato a vedere.
Effetti speciali superbi una volta tanto non per uno sfoggio di potenza ma per raccontare una favola terribile e sublime.
Si guarda e si riguarda, sperando magari in una reazione nervosa di un cinema statunitense soffocato da una politica che di corretto ormai ha solo il disgusto.. Bellissimo.