Silenzio parla Bond. Sandr Bond
Creato il 19 novembre 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Lui ama tanto il cinema e soprattutto lo conosce. Da sempre Bond da del tu alla settima arte, anche se scambia il fascio di luce che ha visto l’ultima volta nella sala parrocchiale di Arcore, per la pila della maschera. A vederlo sembra innocuo ma non lo è (chiedere alla ex moglie). Anzi. A ben guardarlo ci ricorda un buttero maremmano in giacca e cravatta che compra il Rolex da un senegalese credendo sia vero e prendendo per vera anche la garanzia scritta in cinese che il vu cumprà gli rifila. I militanti del suo ex partito, il Pci, lo chiamavano “ravanello”. Erano convinti che fosse “rosso fuori e bianco dentro” e infatti, quando la Democrazia Cristiana, alleata con il Partito Socialista, lo fece fuori dalla poltrona di primo cittadino di Fivizzano, lui se andò senza battere ciglio. Disoccupato, frustrato, in piena crisi di identità come molti cattolici militanti del Pci, conobbe lo scultore Pietro Cascella che stava realizzando un mausoleo ad Arcore per il leader di Forza Italia. Colpito dalla triste storia che Bond gli aveva raccontato, Cascella usò i suoi buoni uffici per farlo apprezzare da Berlusconi il quale, detto fatto, lo nominò responsabile del dipartimento dei beni culturali del partito. Ma Bond è uno che ci sa fare per cui, dopo pochissimo, Silvio lo avrebbe destinato alla sua posta. Proprio così, Bond diventa il lettore ufficiale della posta di Berlusconi, suo consigliere e fedelissimo seguace. È da segretario particolare di Silvio che Bond fa il suo esordio nel mondo dell’editoria e pubblica, in occasione delle elezioni politiche del 2001, il suo primo libro (il secondo sarà sempre nel 2001 la rivisitazione della sua tesi di laurea su frate Leonardo Valazzana, fivizzanese come lui). Il suo lavoro sarà un best seller tanto che, tirato in una quindicina di milioni di copie, andrà in distribuzione a tutte le famiglie italiane. Il titolo era “Una storia italiana”, la photo story dell’irresistibile ascesa dell’uomo qualunque Silvio Berlusconi. Da allora diventa deputato, entra nella commissione affari costituzionali della Camera e viene promosso portavoce di FI. Laurea di filosofia a parte, cosa c’entri Bond con la cultura è ancora tutto da scoprire, così come resterà un mistero comprendere se “ci fa” o se “ci è”, cosa decidetelo voi. Quello che si vede in questi giorni è un uomo affranto. Un ministro che non riesce a comprendere la ragione per la quale il mondo della cultura ce l’abbia tanto con lui. Ieri sera ad Annozero c’è sembrato stesse per piangere. Forse per la prima volta si è reso conto che quelli che Tremonti considera straccioni non lo sono, e non lo hanno ferito tanto le frasi dette contro di lui da Paolo Sorrentino con il toscano in bocca e le basette alla “Mungo Jerry”, ma l’attacco che gli ha portato Riccardo Scamarcio con i suoi bei occhi verdi. In quel momento Bond si è sentito ferito tanto quanto gli è accaduto dopo la mozione individuale di sfiducia che le opposizioni hanno presentato contro di lui per il crollo della casa dei gladiatori di Pompei. E mentre Travaglio, Veltroni, Santoro e le maestranze del mondo del cinema citavano frasi terribili da lui proferite da ministro della repubblica, Bond negava tutto perfino di chiamarsi Sandro Bondi. In piena crisi di identità, il ministro non è riuscito a capire cosa Veltroni intendesse per “politica culturale”, continuando a scambiare il suo ruolo con quello del dispensatore di soldi pubblici e di “ragioniere” della Divina Commedia. Attaccato con l’accusa di farsi i cazzi suoi (come tutti gli altri colleghi di questo governo), e di adottare la politica del nepotismo (come tutti gli altri colleghi di questo governo a partire dal Capo), Bond si è trovato a dover rispondere a Travaglio che gli ha rimproverato di aver infilato Fabrizio Indaco (figlio della sua compagna) al Centro Sperimentale di Cinematografia e fatto restaurare il teatrino della città natale (sempre della sua compagna) a Novi Ligure manco fosse il Petruzzelli di Bari. “È un ragazzo come tanti altri, che male c’è se ha avuto un contratto a termine presso il Centro?” ha sussurrato Bond. Così come, parlando della “Fenice” di Novi Ligure ha detto: “Me lo ha chiesto il sindaco di sinistra di quella città e io l’ho fatto volentieri”. Due milioni di euro la spesa a carico degli italiani. Che poi sono nulla rispetto ai tre e mezzo che ha pagato per il famigerato crocifisso attribuito a Michelangelo che poi di Michelangelo non è e non si sa bene di chi diavolo sia. Famoso per i casini che pianta quando deve viaggiare in treno con l’incosciente e incolpevole cagnolino (della sua compagna) Bond, come non bastassero gli improperi di tutto il mondo della cultura nei suoi confronti, si è dovuto difendere perfino da quelli della sua ex moglie la quale, in una intervista a un noto settimanale rosa, lo ha accusato di “violenze domestiche, percosse e punizioni”. Ma dopo venti ore trascorse con Berlusconi cosa volete che faccia un povero cristo quando torna a casa se non menare alla moglie?
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