Se Flatlandia, l’universo a due dimensioni partorito nell’Ottocento dalla fantasia di Edwin Abbott Abbott, dovesse mai diventare realtà, ecco un materiale che s’avvicinerebbe alquanto ai suoi impossibili requisiti di costruzione. La formula è Si2BN, vale a dire due atomi di silicio, uno di boro e uno d’azoto, e il reticolo a nido d’ape (vedi immagine qui a fianco) nel quale si dispongono è così piatto da non superare lo spessore d’un singolo atomo.
Per ora lo si trova solo nei file dei computer d’un terzetto di ricercatori guidato da Antonis Andriotis dell’Institute of Electronic Structure and Laser di Creta, in Grecia, ma quando verrà creato in laboratorio (i tre artefici giurano che manca poco), se manterrà le promesse delle simulazioni potrebbe farci dimenticare persino quella sostanza di cui sono fatti i sogni d’ogni progettista che è il grafene. Grazie a tre caratteristiche: è economico, può diventare semiconduttore, e soprattutto è estremamente stabile – o almeno così emerge dalle torture virtuali al quale lo hanno sottoposto i suoi inventori.
«Abbiamo provato senza successo a romperne o disintegrarne i legami con le simulazioni», rivela ammirato uno dei tre ricercatori, Madhu Menon della University of Kentucky, coautore dello studio pubblicato su Physical Review B. «Lo abbiamo riscaldato fino a mille gradi, ma ha continuato a resistere».
Tenace, dunque, ma come dicevamo anche potenzialmente poco costoso, visto che è formato da elementi che sulla Terra sono assai abbondanti, a differenza dei materiali semiconduttori alternativi al grafene. Materiali ideati perché il grafene, pur con le tante strabilianti proprietà che lo contraddistinguono, quando deve comportarsi da semiconduttore va in crisi. Un handicap non da poco, per un prodotto che si vorrebbe protagonista dell’elettronica del futuro. Il nuovo materiale, invece, pur nascendo metallico, dovrebbe poter accogliere con grande facilità – grazie alla presenza del silicio – l’aggiunta di altri atomi che ne consentano la trasformazione, appunto, in semiconduttore.
Quanto alla struttura, il reticolo planare individuato da Andriotis e colleghi dà luogo a un pattern esagonale simile a quello del grafene, ma irregolare: essendo costituito da atomi che hanno fra loro dimensioni differenti, così come diversi sono i legami che li uniscono, i lati degli esagoni prodotti, a differenza di quelli del grafene, sono leggermente diversi l’uno rispetto all’altro, come possiamo notare osservando attentamente l’immagine d’apertura (cliccare per ingrandire).
Ora si tratta di vedere se questi sottilissimi fogli di silicio, boro e azoto – per ora solo virtuali – saranno davvero in grado, una volta “stampati”, di mantenere le promesse (in cima alla lista, batterie per lo stoccaggio dell’idrogeno e pannelli fotovoltaici efficienti ed economici). Il team è già al lavoro, nei locali del Conn Center for Renewable Energy Research della University of Louisville, per compiere l’atteso passaggio dalle simulazioni alla realtà.
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review B l’articolo “Prediction of a new graphenelike Si2BN solid”, di Antonis N. Andriotis, Ernst Richter e Madhu Menon
Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina