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Silvestro II tra storia e leggenda

Creato il 26 maggio 2014 da Cultura Salentina

26 maggio 2014 di Dino Licci

 

Silvestro II tra storia e leggenda

Il  verso scritto da Dante Alighieri all’inizio del Canto VII  dell’Inferno, è rimasto per secoli un mistero per i molti studiosi della famosa “Commedia”. 

Pronunciato da Pluto, che Dante pone come guardiano del Quarto Cerchio, sembra un’invocazione, un “alto là”  nei riguardi di Dante subito confortato da Virgilio che invita il sommo poeta a non lasciarsi intimorire da tali parole:

 

 «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»,
cominciò Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe,

disse per confortarmi: «Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch’elli abbia,
non ci torrà lo scender questa roccia.»

 

Ma chi sta veramente invocando il mostro con queste parole  tanto misteriose quanto musicali?

A prima vista sembrerebbe una semplice invocazione a Satana ma quel “Papè” che precede il “Satan” farebbe, a mio avviso piuttosto pensare a quel  Silvestro II, papa intorno all’anno 1000,  che pare avesse stretto un patto col diavolo e fu perciò detto “Papa Satana”. Apprendo, leggendo “La vita segreta dei papi” di Claudio Rendina, che in una lapide posta nella basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme, papa Silvestro II, al secolo Gerberto di Aurillac, avesse disposto che, alla sua morte, il suo corpo fosse fatto a pezzi e gettato fuori dalla Chiesa come omaggio a Satana, cui però non avrebbe concesso la sua anima. La lapide  andata poi perduta, sarebbe stata  trascritta  da un erudito viaggiatore tedesco, certo Lorenzo Schrader, ma in effetti la salma  di Silvestro II si troverebbe in un sarcofago a San Giovanni in Laterano laddove un altro papa, Sergio IV, ne avrebbe riscattato la memoria con un epitaffio in latino, che tuttora si può leggere nella dodicesima colonna della navata destra della basilica lateranense.

Ma nonostante l’esaltante difesa di Sergio IV, numerosi sono i cronisti del tempo che  ci descrivono Gerberto come dedito alle arte magiche e a riti diabolici. Così Bennone, vescovo di Osnabruck o Guglielmo di Malbesbury o ancora Raoul de Longschamp,  dalle letture dei quali si evince che il papa satana, pentito, avesse chiesto che gli venissero troncate le mani con le quali aveva sacrificato a Satana e che era in possesso di un Liber Pontificalis che trattava argomenti di negromanzia. Inoltre il nostro si sarebbe costruito un Golem, una figura antropomorfa nella cui testa d’oro avrebbe  imprigionato un demonio che rispondeva con dei movimenti del capo a tutti i suoi quesiti. Con l’aiuto di questa  creatura satanica, Gerberto sarebbe diventato un grande scienziato e un grande inventore, Certo è che  egli fu capace di creare strumenti ottici, astronomici, musicali d’indubbio ingegno e  persino un organo ad acqua e una meravigliosa clessidra.  Ma fu in campo matematico che la sua mente vivace dette il meglio di sé proprio come un grande scienziato, non essendo noi convinti che fosse tale per intercessione diabolica, ma al contrario per una predisposizione genetica come avviene in tanti umani che calcano nei secoli il suolo del pianeta azzurro. E certamente quei libri demoniaci di cui si dice fossero stregati, gli avevano invece regalato una certa conoscenza dei fenomeni naturali ed astronomici se, tra lo spavento generale nell’attesa dell’anno mille che stava per scoccare e che  avrebbe dovuto generare la fine del mondo, papa Silvestro II, con tranquillità che fu definita diabolica, invitava alla calma assicurando che non ci sarebbero stati terremoti, maremoti, inondazioni paventate dalla gente che vedeva le madonne piangere in tutte le edicole sparse per la città. Si disse che Egli, proprio con l’aiuto del diavolo fosse riuscito a salvare il mondo da tante calamità. E la sua fama di mago fu potenziata da tale favorevole evento.

Curiosa la sua morte come ci viene raccontata da Guglielmo di Malbesbury:

 

Ossessionato dalla paura della morte, sottopose il Golem a frequenti domande sull’argomento che più gli stava a cuore. Il Golem rispondeva scuotendo la testa ogni volta che gli indicava un posto dove sarebbe potuto morire, ma assentì quando gli chiese se sarebbe morto prima di cantare messa a Gerusalemme. Così decise di non metter mai più piede in terra santa. Fatale errore essersi dimenticato che  a Roma esiste una basilica detta Gerusalemme, quella appunto posta accanto al Laterano dove cominciò a star male prima di celebrare una messa. Ne scaturì una morte scomposta col papa che urlava che il suo corpo fosse fatto a pezzi a espiazione dei suoi tanti peccati perpetrati con l’aiuto del demonio, che egli credeva si fossi impossessato di sé. Pax animae suae!

 

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