Nell’attesa di questo auspicabile cambio al vertice, e non contento di avere già accostato la sua personale vicenda politica e privata alle sofferenze imposte al popolo ebreo da Hitler, Berlusconi è arrivato fino a paragonare la sua prossima “decadenza” ad un golpe. Berlusconi come Allende nel settembre del 1973? Caso mai vedessimo dei caccia Hawker Hunter avvicinarsi a Palazzo Grazioli in formazione d’attacco il dubbio sarebbe definitivamente sciolto; nell’attesa il dubbio resta. Il dubbio resta è più il tempo passa più diventa una sorta di coltello acuminato in grado di stralciare il velo nebbioso che ha avvolto gli ultimi 25 anni della nostra storia; finanche in grado di mostrare insperati momenti di verità. Di mostrare, per esempio, il vero volto di un uomo capace di piegare lo spazio-tempo, qualora fosse necessario, pur di raggiungere il risultato e di imporre il suo volere.
Un tratto caratteriale, una qualità ammirevole quest’ultima in un leader, ma anche pericolosa quando il terreno su cui si sta giocando la partita è quel confine immaginario che separa il nostro orizzonte democratico dalla dittatura. Una dittatura, quella berlusconiana, che diversamente da quanto hanno sempre scritto i giornali a lui avversi non ha mai riguardato il paese as-a-whole (ancora, ancora siamo riusciti a salvarci da un simile baratro), ma ha riguardato senz’altro il suo principato e ogni dominio politico direttamente controllato. Anche per questi motivi bisognerebbe fare tanto di cappello ad Angelino Alfano e alla sua pattuglia di “traditori” che hanno dimostrato dall’interno (dall’esterno è sempre facile parlare), come il giogo imposto, di qualunque natura esso sia, prima o poi diventa troppo pesante da sopportarsi e il desiderio di libertà, quella vera, la vince sempre anche in presenza di vincoli amicali, di fiducia e di riconoscenza molto forti.
Come a dire che forse non tutto è perduto. Peccato che l’unico a non essersene accorto sia proprio questo Silvio Berlusconi che anziché accettare (come fanno in tanti nell’anonimato delle loro celle e delle loro vite che spesso, molto spesso, sono celle di carcere con vista cielo e senza secondini), la sentenza con cui è stato giudicato; anziché accettare il suo destino come un leader con le palle, quelle che servono per vivere ogni giorno senza scorte e senza clac incensanti e interessate, continua a lanciare anatemi contro Tizio e contro Caio e ad avanzare richieste senza senso alle massime cariche istituzionali. Ripensandoci riconosco di avere sbagliato in tutti questi anni; come mi ha fatto notare qualcuno solo qualche giorno fa, Berlusconi non è e non è mai stato un vero leader: i veri leader infatti si vedono nel momento della difficoltà e nella dignità e nell’orgoglio con cui sanno morire.
Featured image, il Palacio de La Moneda sotto i bombardamenti durante il golpe cileno del 1973.