Silvio è “Cesare”. Capezzone, Cleopatra.
Creato il 12 settembre 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Dopo l’irresistibile show al Bolscioi, in cui ha trionfato danzando sulle punte interpretando semplicemente se stesso, cioè il Calabrone, una volta tornato in Italia Silvio è andato a sbattere ancora una volta contro quello che ormai considera il suo nemico giurato: la Magistratura. L’aver liquidato gli “amichetti della parrocchietta” della P3 con un “pensionati rincoglioniti” che ha fatto infuriare Verdini ma, soprattutto, Marcello Dell’Utri (Flavio Carboni si è limitato a un “ma che ha detto?”), non è servito al presidente del consiglio che sta per ritrovarsi con un mandato di comparizione inviato direttamente a palazzo Grazioli. In sostanza sembra essere lui il “Cesare” che emerge dalle intercettazioni telefoniche dei “rincoglioniti” di cui sopra. Ora, le cose sono due: o è rincoglionito pure lui oppure quella band di ultrasettantenni un po’ nostalgici manco fossero i Mama’s &Papa’s, sono in realtà dei furbi di quattro cotte molto sensibili al potere e al denaro. La notizia della presenza di un “Cesare”, figura centrale nei rapporti e nelle attività della nuova P2, era trapelata già a luglio tanto che Er Monnezza Ghedini, sbirro del Capo, si era affrettato a precisare che si trattava dell’ennesima persecuzione ai danni del casto e illibato (penalmente parlando s’intende) Berlusconi Silvio da Arcore. Ghedini aveva liquidato le indiscrezioni con un “trattasi di ipotesi oltre che inveritiera, ridicola”. Dopo essersi ripreso da quel “consumatore finale” che aveva fatto il giro del mondo facendo sghignazzare perfino quel burlone di Ahmadinejad, Ghedini sembrava essere rientrato in pieno possesso delle sue facoltà giuridico-mentali tanto che, esprimendosi in perfetto avvocatese, aveva fatto pensare a tutti che la storia dovesse chiudersi lì. Ma come sempre accade quando Ghedini smentisce, qualcun altro conferma. Questa volta ci ha pensato Arcangelo Martino, uno degli arrestati nell’ambito dell’indagine sulla cosiddetta Loggia P3. Il 19 agosto scorso, Martino ha confermato senza alcuna incertezza agli inquirenti che il “Cesare” delle intercettazioni è proprio il presidente del Consiglio, avvalorando in questo modo la famosa nota a piè di pagina degli investigatori dei carabinieri in cui si sosteneva appunto che il “Cesare” fosse Silvio, e che tanto aveva fatto incazzare Er Monnezza. C’è da aggiungere che gli argomenti all’ordine del giorno della chiacchierata fra i pensionati rintronati, erano il lodo Alfano e la Mondadori: ma come si fa a non pensare che Silvio c’entrasse in qualche modo? Ad Arcangelo Martino sono serviti un po’ di giorni di galera per togliere la nebbia che avvolgeva i ricordi di quelle telefonate e di quegli incontri e, quando finalmente si è dissolta, ha deciso di fornire al suo avvocato Giuseppe De Angelis date, momenti, fatti e circostanze. Queste sono le ragioni che stanno inducendo il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Rodolfo Sabelli, a convocare Silvio per ascoltare probabilmente la nuova versione della storia di Mohamed Esposito. Come sempre accade in questo paese quando al presidente del consiglio viene mossa una qualsiasi accusa, in alcuni casi perfino un semplice appunto, gli scherani sono già pronti a menare le mani. In attesa delle dichiarazioni di Capezzone (le telecamere del Tg1 sono ferme per un guasto dell’automobile di servizio della Rai sul Raccordo Anulare), registriamo quelle puntuali e niente affatto amorevoli di Fabrizio Cicchitto in arte 2232. Spara Fabrizio: "Le dichiarazioni dell'avvocato di Martino sono molto inquietanti: oramai è evidente che c'è una ulteriore ipotesi che riguarda l'arresto ed è quella di forzare le dichiarazioni dell'imputato". La stessa cosa ha detto l’illuminato Quagliariello parafrasando Cicchitto: “Le notizie apparse ieri sui giornali – ha dichiarato il vice capogruppo del Pdl al Senato – sono inquietanti perché evidenziano quanta attualità abbiano ancora talune pratiche inquisitorie che speravamo fossero confinate ai periodi bui dei primi anni '90". Al senatore Quagliariello forse sfugge che deve la sua carriera politica alle “pratiche inquisitorie” che oggi condanna con fermezza. Furono proprio quelle pratiche infatti, che diedero la spallata decisiva a una politica fatta di corrotti e corruttori, di servizi segreti deviati e di guitti della peggior specie che sono poi gli stessi che oggi, grazie a Silvio, stanno rivivendo una seconda giovinezza e non all’ombra delle palme di Hammamet ma di Villa Certosa, luogo sacro in cui si staglia la figura maestosa di Topolanek in piena forma.
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