Silvio è fuori di testa, la Lega da i numeri e Lassini prende 694 voti

Creato il 17 maggio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti

Ma che bella giornata, pappazumpazumpapà 

Berlusconi è fuori di testa. Nella notte, preso atto che i milanesi gli avevano dato solo 23mila voti a fronte dei 53 certi, previsione con la quale aveva chiuso appena ieri l’ultimo comizio al tribunale di Milano, ha iniziato a tirare calci come un mulo sardo dell’allevamento Zedda di Cagliari. Vittime dell’ira incontenibile del premier barcollante, ciondolante, penzolante, claudicante, perdente Sandro Bondi, Paolo Pa' Bonaiuti, Gianni Letta, Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri, Gnazio la Russa, Franco Frattini (che ha chiesto asilo politico a Gheddafi) ricoverati al pronto soccorso per escoriazioni su tutto il corpo e imbarazzanti occhi neri curati grazie all’uso abbondante di borse di ghiaccio e fiorentine (intese come bistecche). A completare una giornata di merda come non ne viveva da troppo tempo, ci ha pensato il suo alleato di sempre. A tardissima notte, infatti, lo ha chiamato Umberto BraveheartBossi che al telefono gli ha solo detto: “Testa di cazzo”, e messo giù violentemente la cornetta. Ma cosa è accaduto ieri di così eclatante? Possibile che il solo risultato deludente della “Batman Mom” abbia causato il Silvio-sconquasso o è successo dell’altro? Magari Berlusconi ha cominciato a respirare l’aria della sconfitta della politica del suo partito o si è reso anche conto che è proprio la sua persona a non avere più l’appeal di una volta? Mentre queste domande gli turbinavano tutte insieme nel cervello, mettendo a dura prova la tenuta dell’unica sinapsi rimasta in vita, gli è arrivato anche il risultato di Lassini, quello dei manifesti Br=Pm che ha preso la bellezza di 694 voti e finalmente si è reso conto di quanto conti elettoralmente la Santanchè che di Lassini è stata la mamma putativa. Gli osservatori politici più attenti sottolineano il fatto che Silvio ha iniziato a perdere il suo carisma nel momento in cui ha radicalizzato la lotta politica, ha spostato l’asse dei suoi nemici verso i magistrati e non più contro i comunisti che, come sanno anche i bambini non esistono più e ne studiano la storia solo a scuola, che in modo sfacciato, e quindi arrogante, ha iniziato ad usare il Parlamento come fosse il consiglio di amministrazione di Mediaset. Forse è questo, ma forse c’è qualcosa di più “sensibile” dei soli aspetti personali del presidente del consiglio. Non sono né il Ruby-Gate né il processo Mills ad aver indispettito gli italiani, ma il prendere atto di avere in famiglia figli alla disperata ricerca di un lavoro qualsiasi, laureati costretti ad emigrare, bollette dell’acqua, della luce e del gas sempre più care, aumenti indiscriminati dei prezzi, ricorsi sempre più frequenti alla mensa della Caritas da parte di pensionati che arrivano a malapena a metà mese e dei quali si sta facendo carico il cardinale Dionigi Tettamanzi (sul cui ruolo defilato ma decisivo, in queste elezioni, parleranno i libri di storia fra trent’anni – forse –). Magari è stata la violenza dello scontro verbale, le barzellette sconce e le bestemmie in tivvù o l’ostentazione continua e intollerabile delle sue ricchezze, l’acquisto su Internet di ville e casali, castelli e fattorie, pied-a-terre e dependance per le sue concubine a far capire agli italiani che Silvio non serve a nulla. Forse la distruzione sistematica della scuola pubblica, dell’università, del patrimonio storico e culturale crollato sotto il peso dell’indifferenza e della pioggia, dei conservatori, delle orchestre, del cinema, del teatro, dell’arte affidata a Vittorio Sgarbi sono state altre ragioni che, sommate alle prime, hanno fatto capire agli elettori che un cummenda resta pur sempre un cummenda e che, come tale, pensa solo alla sua fabbrichétta e tasta il culo alla segretaria. Secondo noi l’errore di Silvio è stato quello di aver voluto imprimere una svolta violenta alla sua politica che, con il passare del tempo, è diventata sempre più maniacalmente ossessiva, fuori da ogni regola e impoverita dalla presenza di mezzeseghe, di affaristi più che di intellettuali, di profittatori più che di galantuomini, di cricche e di P3 più che di imprese sane e disponibili a investire nel lavoro. Il risultato che stiamo attendendo da anni parla chiaro e dice che Silvio ha fatto il suo tempo, che i cittadini italiani non ne possono più e che ora non potrà più nemmeno dire che il popolo è con lui visto che la maggioranza dei votanti gli sta lentamente voltando le spalle. Ovviamente la Lega è in ambasce. Sa di aver sottoscritto un contratto nel quale si offre di fare da puntello al Silvio imputato in cambio del federalismo e di una politica anti-immigrati che ci ha messo fuori dall’Europa. Ma sa anche, risultati elettorali alla mano, che la sua base è in fermento, che di Silvio ne ha piene le palle, che saranno anche allevatori ubriachi ma che non sono completamente scemi e che continuando di questo passo, rischiano un tracollo clamoroso. E tutto questo accade mentre a casa del Pd non è che le cose vadano meglio. Se partiamo da quello che il Partito Democratico ha fatto in questi anni, e dalle mosse dei suoi dirigenti impregnati di berlusconismo, il risultato di ieri è per molti versi incomprensibile. Scontato quello di Torino e, ricorsi leghisti a parte, quello di Bologna, nelle altre realtà il Pd ha dovuto chinare la testa a due candidati non suoi, Pisapia e De Magistris, dimostrando però che le primarie senza i brogli di quelle di Napoli, qualcosa significano e, soprattutto, servono. Prodi lo aveva capito dieci anni fa, quando le propose come regola democratica per stabilire chi dovesse essere il leader della coalizione secondo la gente e non le segreterie dei partiti, e i risultati gli stanno dando ragione. Quello che accadrà non lo sappiamo, potrebbe anche starci un recupero prodigioso della Moratti, ma anche che i grillini decidano di appoggiare Pisapia, che il Pd di Napoli faccia finalmente quadrato intorno a De Magistris e che D’Alema dia alla fine l’ordine di votare per Massimo Zedda a Cagliari. Quello che sappiamo per certo è che Giuseppe Giammarinaro, sponsor politico di Sgarbi al comune di Salemi, e principale causa delle dimissioni da assessore alla cultura di Oliviero Toscani, è stato arrestato per mafia. E qualcuno si chiede ancora dove Silvio ha preso i soldi per iniziare la sua avventura.


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