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Se fra cinquant’anni i nostri figli o nipoti ci chiederanno chi era Silvio Berlusconi e cos’era il berlusconismo potremo parlarne per ore e ore, e anche con una certa foga. Ma io ho deciso che (se ci sarò) mi risparmierò tutti i soliti discorsi che ci facciamo da anni (anche perché allora sarò a rischio infarto, presumo). Alle generazioni future racconterò questo breve aneddoto – che racchiude tutta quest’epoca. A Palazzo Chigi, all’ufficio del premier, c’è adesso una pregiata scultura di marmo del dio Marte, risalente al 175 AC. Voluta fortemente dal premier, noto cultore del buongusto. Ma c’era un problema. Possiamo dirlo: un problema del cazzo. Infatti alla statua mancava l’organo maschile. Nel senso che con il passare del tempo, dei secoli, degli imperi che si sono succeduti uno dietro l’altro, quel coso lì si era staccato, essendo oggetto sporgente abbastanza esposto a maldestre scalfiture. E si sa, a Berlusconi – come uomo, come politico, come imprenditore, come protettore delle nipoti di Mubarak – sta molto a cuore tutto ciò che è riconducibile al buon funzionamento del pene. Figuriamoci se nella sede del governo poteva tenersi la statua senza l’organo supremo di comando.
E allora, studiosi e restauratori all’opera: va ricostruito il pisello del dio Marte. Immaginatevi la task force impegnata alla riabilitazione della virilità del dio. Scartata l’idea di mettere la pompetta magica anche alla statua (andando lavorato il marmo, il pistolino si ritrova già duro senza bisogno di stratagemmi idraulici), sono stati interpellati addirittura degli storici per individuare quale fosse la misura giusta per i canoni dell’epoca. Alla fine la gravosa operazione riesce: dio Marte ha riavuto il suo gioiello. Ma, e c’è un ma, quando il nostro presidente del Consiglio butta l’occhio sulla scultura finalmente tornata maschia, esclama: “Ma è troppo piccolo!”. Morale della favola, viene richiamato il trust di cervelli per elaborare una più consona dimensione del pisello di marmo. Costo finale di tutta questa penosa scenetta sulle tasche dei contribuenti: 70mila euro.
Ecco, il berlusconismo è stato questo. Come dicono gli scaricatori di porto di Livorno e anche i broker milanesi di piazza Affari, “un periodo del cazzo”.
PS. L’edificante storia in questione è stata ripresa da Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo nel loro ultimo saggio “Licenziare i padreterni” (Rizzoli)
Fonte.
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