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Silvio e la generazione sperduta

Creato il 25 marzo 2013 da Albertocapece

Manifestazione-Pdl-in-piazza-del-Popolo_fullMariaserena Peterlin per il Simplicissimus

Comincio seriamente a pensare che la mia generazione si sia giocata quel brandello di reputazione che era riuscita a preservare grazie all’impegno di pochi e nonostante l’alacre azione distruttiva di troppi.

Figlia di padri e madri che avevano subìto il fascismo, essendo stati troppo giovani per impedirne la nascita ma abbastanza grandi per poi essere spediti in guerra o lasciati a casa a piangere i morti, che avevano superata la guerra mondiale e quella civile e ricostruita l’Italia, la mia generazione è cresciuta in una prospettiva di sviluppo, di benessere possibile, di progresso e progressismo.
Eppure, appena giunta alla maggiore età, questa stessa generazione si è cominciata a diversificare fortemente scegliendo varie e diverse strade.
Molti di noi sono usciti da famiglie di solide e sane tradizioni ma le hanno drasticamente rifiutate per attestarsi su posizioni di rottura, altri le hanno conservate ma facendone una prassi di facciata superficiale, altri ancora hanno faticosamente cercato di mantenersene nel solco, ma lavorandolo per cavarne anche frutti diversi e per dilatarlo verso l’avvenire proprio e dei figli. Appartengo a quest’ultima categoria, la considero la più dignitosa e sono arrivata alla conclusione che distinguersi dalle altre sia necessario non per vanteria e tanto meno snobismo, ma per ribadire una differenza effettiva e irrinunciabile che, del resto, chi appartenga alle altre non manca di bollare con un certo disgusto, peraltro cordialmente ricambiato.

La mia generazione, dunque, oltre ad aver sperimentato o assistito con una certa sbadataggine a cambiamenti radicali del costume, della morale, del comune senso del pudore, del gusto, delle abitudini sociali, della vita famigliare, ha fatto clamorosi errori di valutazione: ad esempio si è entusiasmata ritenendo che il progresso scientifico e tecnologico avrebbe portato una vita migliore e un diffuso benessere senza contropartite negative, ha inquinato forsennatamente senza nemmeno immaginare i danni dell’inquinamento,  ha spesso avuto la presunzione di ritenere che la beneficienza elevata a sistema professionale avrebbe salvato il pianeta dalla fame e dalle malattie, si è concessa con festevole impudicizia all’opinionismo mediatico, alla pubblicità, alle tendenze consumistiche lasciandosene ipnotizzare. Di simili dissennatezze potremmo elencarne tante, ma potremmo anche tentare di bilanciarle elencando i lati positivi; tra noi ci sono infatti fedeli e ostinati lavoratori del bene grazie ai quali si è allungata l’età media, si è diffusa l’istruzione obbligatoria e non, si abbattono i pregiudizi, si sono affermate la tolleranza e la multi cultura e i diritti umani sono rispettati o almeno difesi, c’è una discreta sensibilità culturale. E anche qui potremmo continuare.

Insomma i lati positivi non mancano anche se ci sentiamo accusare di non avere avuto a cuore il futuro economico dei nostri giovani.

Confermo: potremmo fornire un lunghissimo elenco di fattori positivi, ma poi dovremmo comunque ammettere che alla manifestazione “giù le mani da Silvio” (per citare solo uno dei cartelli più insopportabili) c’era una vistosa presenza di questa mia generazione.
E questo non è accettabile.
È pur vero che siamo in tanti anche nella trincea democratica dell’anti-berlusconismo, anti-liberismo, anti-classismo, della lotta alla corruzione e della costruzione di un mondo giusto e solidale.
Tuttavia a me pare che i sessantenni che hanno partecipato, animato, acclamato alla manifestazione di piazza del popolo sarebbero stati troppi anche se fossero stati venti.

Non si vive a cavallo di due millenni e non ci si prepara alla vecchiaia per farsi trascinare a grottesche manifestazioni da burattini mascherati.

No, cari coetanei, non avete giustificazioni e, questa volta, non cercate di diluire la vostra impresentabilità deplorevole miscelandovi con noi. Di statistiche ne abbiamo abbastanza, voi siete voi, e noi siamo noi.
Se eravate in quella piazza bardati con ridicolo cappellino, bandiere e striscioni, col sacchettino della merenda “aggratis”, con la corriera pagata, con il fischietto e il santino di Silvio e forse con la speranza di avere in omaggio anche qualche lezione teorico-pratica di bunga-bunga assumetevene la responsabilità anche di fronte a figli e nipoti; e sia solo a vostra vergogna.
Noi siamo diversi.  Orgogliosamente diversi.


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