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Silvio non è Totò. Lui non paga

Creato il 05 luglio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Silvio non è Totò. Lui non paga La crisi economica è una vessazione in itinere per tutti, e il viaggio mica sembra finire qui. L’ultima manovra finanziaria del governo, quella che prevede per chi verrà dopo le mezzeseghe attuali un sommovimento di popolo in stile greco, è la riprova del fallimento totale dell’idea di liberismo reaganiano e tatcheriano che Silvio ha cercato di scimmiottare in Italia (con tutto il rispetto per Chita ma non per Calderoli), da quando si è insediato a Palazzo Chigi. Per anni lui e i suoi tirapiedi, maggiordomi, mezzibusti, ballerini, chansonniers, bodyguard, massaggiatrici, giullari, poeti della domenica, chitarristi del lunedì e legulei del martedì, hanno fatto credere agli italiani di non aver mai messo loro le mani in tasca, di non averli vessati con tasse e balzelli, di aver concesso a tutti di possedere una villa, un suv, una mignotta slava tanto all’ora, l’Ipad, l’IMac, l’IPhone e tre cellulari a testa quando, dopo aver reciso di netto i finanziamenti agli enti locali, gli stessi italiani si sono ritrovati senza servizi, senza asili nido, senza trasporti, senza insegnanti per i loro figli, una politica sociale a crescita zero,un’assistenza medica da terzo mondo, le assicurazioni alle stelle, un litro di benzina che costa più di un bicchiere di Macallan del ’42. Una strana idea, quella di non mettere “direttamente” le mani nelle tasche degli italiani ma farcele mettere da quelli che non vengono finanziati o tassati alla fonte. Sta accadendo con le assicurazioni auto che, grazie agli aumenti delle tasse provinciali costeranno, di media, 40 euro l’anno in più a ogni famiglia, con la benzina in costante aumento grazie alle accise locali, con le tasse alle banche che saranno costrette a rifarsi sui clienti che pagheranno i servizi dagli 80 ai 100 euro annui in più mentre gli aumenti delle bollette del gas, dell'acqua e della luce sono già sotto gli occhi di tutti. Occorrono soldi, tanti e possibilmente subito, anche se non tutti i 40 miliardi previsti per il pareggio di bilancio nel 2013. Dove va a prenderli il governo di Silvio? Dalle pensioni, dal blocco degli stipendi degli statali, dal licenziamento di altri insegnanti, da ulteriori tagli alla spesa sociale e agli enti locali. Tutta la finanza creativa di Giulio Tremonti, quello che Casini e D’Alema vedrebbero volentieri a capo di un governo di “decantazione” manco fosse un Brunello di Montalcino d’annata, è qui, nei tagli, nei prelievi dai redditi fissi, nella distruzione sistematica della scuola, della sanità e della cultura. A fronte di una situazione disperata e disperante, il governo riesce ancora una volta a pensare ai cazzi di Silvio, e tutte le leggi che apparentemente non c’entrano una mazza con i mille conflitti d’interesse che l’uomo più ricco d’Italia ha, si trasformano miracolosamente in strumenti per commi ad personam che ormai ci fanno ridere dietro dal mondo intero. Chi segue i giornali e, in qualche modo questo blog, ha avuto modo di conoscere quello che è passato alla storia come il lodo Mondadori, la vicenda frutto di corruzione che portò Silvio Berlusconi a scippare a Carlo De Benedetti la Mondadori e a consentirgli di entrare in possesso del più grande impero editoriale italiano. Accertata la corruzione e condannati tutti i corruttori meno Silvio prescritto, il tribunale civile, in primo grado, ha stabilito che Silvio dovrà restituire a Carlo de Benedetti 750 milioni di euro. Ricordate il giudice Mesiano, l’uomo dai calzini turchesi? Fu lui, con una sentenza esemplare, a stabilire l’entità del risarcimento. Ora, in vista della sentenza d’appello, che non potrà essere tanto dissimile da quella di primo grado, anche se si parla di una cifra vicina ai 500 milioni di euro, Silvio ha pensato fosse cosa giusta rinviare il pagamento del risarcimento a data da destinarsi, e inserito nella legge sulla manovra economica un codicillo che suona così: “La sospensione prevista dal presente comma è in ogni caso concessa per condanne di ammontare superiore a venti milioni di euro se la parte istante presta idonea cauzione”. Tradotto in un linguaggio comprensibile anche ai leghisti, significa che Silvio non dovrà dare un euro a De Benedetti prima della sentenza in Cassazione, cavandosela con una “idonea cauzione” senza sborsare una mazza di niente. Ora, un normale cittadino vittima della crisi economica colpito dalle ganasce fiscali di Equitalia, per tornare ad usufruire del suo bene “ganasciato” deve fare i salti mortali, a volte ricorrere agli zingari, agli usurai, alle banche o al franchising “Compro oro”, che ha preso il posto dei vecchi Monti di Pietà. A Berlusconi, invece, basta inserire un codicillo in una legge per risolvere i suoi problemi. I leccaculi hanno giustificato l’ennesimo trattamento di favore al Capo dicendo che “anche Silvio risente della crisi economica”. Proponiamo una sottoscrizione popolare che gli consenta di saldare il debito con De Benedetti senza svergognare né la Costituzione (art. 3) né il Codice Civile (artt. 283 e 373). 5 euro a testa. Volete mettere la soddisfazione!

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