MELAGRANA (dal latino malum, mela, e granatum, con semi)
Sono tanti gli aspetti della melagrana che mi piacciono: la scorza liscia che può assumere varie tonalità di colore; la miriade di semi rossi che racchiude e che se ne stanno tutti raggruppati quasi volessero proteggersi a vicenda… quando lo pulisco entro in una sorta di trance e mi rilasso da matti. Poi mi diverto a mangiarlo: mi riempio la bocca di chicchi e mi gusto il loro succo dolcissimo… è un frutto ben strano, ma non è insolito trovarlo sulle nostre tavole e, udite udite, anche nei cimiteri! Ad esempio al Monumentale di Torino c’è un monumento che reca la raffigurazione di una melagrana. Qual è allora il suo significato nell’arte funeraria? Per capirlo è necessario far riferimento alla storia di Proserpina (Persefone nella mitologia greca), che alla melagrana è collegata.
Melagrana nel Cimitero Monumentale di Torino
Proserpina era una fanciulla di notevole beltà, figlia di Giove, padre degli dei, e di Cerere, dea delle messi. Si racconta che un bel dì con le sue amiche ninfe andò a raccogliere fiori sulle rive del lago Pergusa (in Sicilia, nei pressi di Enna). Scelse però il giorno sbagliato per dar sfogo al suo passatempo bucolico: era infatti lo stesso in cui il sovrano del Regno dei Morti, il terribile Plutone, aveva deciso di venire a passeggiare sulla Terra per respirare un’aria nuova. Giunto nelle vicinanze del lago con il suo carro dorato trainato da quattro destrieri tutti neri, vide Proserpina impegnata a intrecciare una coroncina di margherite e ne fu subito colpito al cuore. Si innamorò di lei e un’idea si fece strada nella sua testa coronata… se Proserpina fosse stata la sua sposa, avrebbe portato un raggio di sole tra le tenebre degli Inferi. Allora, ben lungi dall’intraprendere un lungo e noioso corteggiamento, si risolse ad un più sbrigativo rapimento. La ragazza, terrorizzata da quell’uomo dall’aspetto così severo acuito dalla folta barba e dai capelli corvini, cercò di opporre resistenza, senza riuscirvi. Plutone la trascinò nell’oscurità del suo reame e la sposò.
Luca Giordano, “Il ratto di Proserpina”, 1684-1686, Palazzo Medici Riccardi Firenze
Intanto Cerere, scoperto quello che era capitato alla sua figliola, si infuriò e gettò la Terra in preda alla siccità e alla carestia. Un po’ preoccupato per la situazione Giove andò a fare due chiacchere col focoso genero, per chiedergli se fosse stato possibile rispedire Proserpina dalla madre.
Ma no! Arrivata nell’Ade la ragazza, affamata, aveva mangiato dei semi di melagrana e, secondo le leggi inesorabili di quel luogo, chi si cibava qualsiasi cosa si trovasse lì, non avrebbe mai più potuto rivedere il mondo dei vivi. Proserpina però non mangiò tutto il frutto, ma solo una parte. Allora Giove ordinò che alla figlia fosse concesso di trascorrere metà dell’anno (primavera e estate) sulla Terra con Cerere e l’altra metà (autunno e inverno) con il marito e i loro sudditi defunti.
Proserpina potè quindi far ritorno dall’Oltretomba: la melagrana da lei in parte mangiata è diventata il perciò un simbolo di resurrezione e in quanto tale la possiamo trovare nei cimiteri.
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