SIMILITUDINI
La rabbia di chi per anni ha dovuto subire un regime dittatoriale si assomiglia in tutti i paesi.
Quando ci si trova tra le mani la causa di dolori e sofferenze, l’unica reazione è quella di prendere a calci la persona, ed ucciderla, solo così la sofferenza trova un po’ di pace.
Anche in Libia, a Sirte, come a suo tempo in Italia a Dongo, c’è stato un “Valerio” che ha sparato, pare un ragazzo poco più che ventenne, anche se non si saprà mai con certezza.
Anche Gheddafi ha avuto il suo Piazzale Loreto, breve, ma decisamente più intenso e più doloroso per lui.
Frattini sosteneva che “si doveva garantire a Gheddafi un processo equo, dignitoso, anche se ha commesso tanti crimini”. Lo doveva dire a quei combattenti che se lo sono trovato tra le mani, dopo 42 anni di dittatura.
Saddam Hussein è stato catturato, processato e poi ucciso, nulla sarebbe cambiato se l’avessero ucciso subito. Si è soltanto prolungata l’agonia di un uomo che era già stato condannato a morte al momento della cattura.
Di fronte alle angherie delle dittature, le reazioni di chi si ribella sono tutte uguali. Si desidera spegnere definitivamente la causa delle sofferenze, senza tanti se e senza tante scuse, come poteva capitare a Gheddafi, se, per esempio, fosse stato consegnato ad un tribunale internazionale.
Sicuramente molti capi di governo che hanno incontrato Gheddafi, e che hanno fatto affari con lui sarebbero stati dei testimoni a sua difesa. Gheddafi avrebbe potuto passare per una vittima, e questo i libici, insorti contro la sua micidiale dittatura, non lo avrebbero mai tollerato.
D’altra parte era una cosa che Gheddafi stesso aveva desiderato: morire da martire! Glielo hanno concesso.