Era la stagione 2008-2009 e l’Italia del tennis sembrava, secondo molti addetti ai lavori, aver trovato il nuovo Roger Federer. Quel giocatore capace di riportare in alto la racchetta azzurra e di inserirsi velocemente tra i più forti del mondo. Il ragazzo preso in considerazione è Simone Bolelli, uno dei maggiori talenti usciti dalla scuola italiana e che per mille motivi non è mai riuscito a sfondare definitivamente. Dal bolognese ci si aspettavano grandi cose, ma raggiunto l’apice in classifica (n° 36 del ranking Atp) è iniziata una lunga e inesorabile ascesa verso il basso.
Dall’addio con il suo storico coach Claudio Pistolesi, sono iniziate una serie di collaborazioni con tanti altri allentori, il più famoso sicuramente Riccardo Piatti (ex tecnico di Ivan Ljubicic), ma nessuno di loro è riuscio nell’impresa di riportare al vertice Simone, sostenendo che il maggior problema dell’azzurro fosse proprio nella testa e nella continuità di rendimento.
Dal punto di vista tecnico non ci sono mai stati dubbi sulla forza del tennista: il binomio servizio-dritto è uno dei migliori e se ci dovessimo basare solamente sulle qualità tecniche del giocatore, potremmo tranquillamente parlare di uno dei primi quindici del mondo (considerando anche l’ottimo rovescio ad una mano). Altra grande qualità è quella di adattare il suo gioco a qualsiasi tipo di di superificie, come dimostrano i buoni risultati ottenuti in passato sia al Roland Garros che a Wimbledon.
Chi non ha mai smesso di credere in Bolelli è stato il ct di Coppa Davis, Corrado Barazzutti, che lo ha sempre convocato, mandandolo in campo anche nel decisivo spareggio contro il Cile dello scorso anno a Santiago. Proprio questa continua fiducia potrebbe essere stata la molla del rilancio sportivo del romagnolo, che quest’anno ha saputo ritornare tra i primi 100 del mondo (ora è numero 84), posizione che permetterà all’azzurro di entrare direttamente nel tabellone principale dei tornei dello Slam, evitando loscoglio delle qulificazioni. Una risalita partita dal circuito Challenger, con due vittorie nei tonei di Florianopolis e Recanati e con la finale persa a San Marino.
Nel tennis molte volte si è detto che noi italiani maturiamo tardi e forse a 27 anni Bolelli ha davvero l’ultima grande occasione della sua carriera, per tornare ad essere quel giocatore capace di raggiungere anche una finale di un Masters 1000 (Monaco, persa contro Gonzalez in tre set).
Il 2013 sarà l’anno verità, per capire se l’Italia dopo alcune stagioni ha ritrovato il suo “Federer”.
foto tratta da simonebolelli.com
OA | Andrea Ziglio