L’uomo ha da sempre posseduto il desiderio irrefrenabile di dominare ciò che lo circonda, ponendosi, quasi arrogantemente, come essere superiore alle altre specie viventi e a colei che sola poteva permettergli di perpetuare la sua stirpe, la donna. Ci sono voluti secoli di lotte, di ribellioni, prima che l’emancipazione femminile, dalla condizione di inferiorità in cui era stata relegata, potesse essere considerata una vera e propria problematica sociale da affrontare e risolvere. Molti intellettuali hanno intrapreso questo cammino, ma colei che credo sia riuscita meglio a sradicare qualsiasi tesi misogina è stata Simone de Beauvoir, una delle più grandi pensatrici del XX secolo. Ciò che questa autrice fece nel suo capolavoro “Il secondo sesso”, fu servirsi delle parole per cercare di comprendere meglio la propria vita, in quanto era convinta che l’analisi del suo essere donna l’avrebbe resa in grado di salvare se stessa e le altre individualità femminili da un destino fatto di nulla; il destino riservato, appunto, alle donne. L’opera è divisa in tre parti: Destino, Storia, Miti. In Destino, Simone de Beauvoir sostiene che, da un punto di vista biologico, uomo e donna sono identici: «Gli organismi femminili e maschili – afferma la filosofa – appaiono profondamente simmetrici». Da dove nasce allora la differenza? Se è chiaro che la dualità dei sessi ha generato un vero e proprio conflitto, non è però ancora chiaro perché a vincere sia stato l’uomo. In Storia, essa si propone quindi di ripercorrere la storia dell’umanità per cercare di comprendere cosa ha fatto sì che l’uomo vincesse; giunge così alla conclusione che «La peggior maledizione che pesa sulla donna è di essere esclusa da queste spedizioni guerriere [...]; nell’umanità la preminenza è accordata non al sesso che genera, ma a quello che uccide». Tramite la lotta e la vittoria, l’uomo si eleva al di sopra dell’animale e questo gli permette di garantirsi la sua superiorità sugli altri esseri viventi, compresa la donna. L’apparente inessenzialità di quest’ultima, tuttavia, è fondamentale al genere maschile per il suo completamento, per colmare il vuoto che sente dentro di sé. Nella sua analisi, la scrittrice mette più volte in luce il legame che spesso vi è tra donna e terra, in quanto entrambe rappresentano la procreazione e la fertilità. Il gentil sesso è quindi terra nella quale l’uomo affonda le proprie radici, con il solo scopo di sfruttarla a suo vantaggio, ma è lei infine a divorarlo, pur essendo colei che gli ha dato la vita. Simone de Beauvoir rifiuta dunque qualsiasi spiegazione biologica, psicoanalitica e marxista della subordinazione della donna e ne propone una sua personale.
«Donna non si nasce, ma lo si diventa»; donna, cioè essere umano in condizione di “secondo sesso”, di “Altro”, rispetto all’“Uno”, l’uomo. Essa parte dal concetto di libertà come elemento insopprimibile nella vita dell’essere umano, sia di sesso maschile che femminile, giungendo alla conclusione che si diventa secondo sesso perché si è scelto liberamente di diventarlo; tale decisione può tuttavia essere completamente ribaltata attraverso le lotte collettive atte a dare vita ad un ordine nuovo, che non dia più spazio alle gerarchie sociali, pur lasciando intatte quelle differenze senza le quali la convivenza si depaupererebbe. Prima di attuare qualsiasi forma di lotta, è necessario che la donna approfondisca la conoscenza di se stessa, nonostante le difficoltà insite in tale prassi, dal momento che può considerarsi simultaneamente Eva e Maria, sorgente di vita e potenza delle tenebre, tutto ciò che l’uomo non ha e che vorrebbe avere. È per tale scopo che Simone de Beauvoir passa in rassegna i ruoli che la donna ha solitamente rivestito nel corso della storia: tra le varie figure da lei delineate ricordiamo quella mistica, l’innamorata, la madre, la lesbica, la narcisista, la prostituta. Numerosi sono anche i riferimenti allo spazio concesso alla donna nel mondo della letteratura, da Lawrence a Breton, a Stendhal. Non bisogna stupirsi quindi se la pubblicazione de “Il secondo sesso”, avvenuta nel 1949, dati i suoi contenuti, abbia suscitato scandalo e censure in tutto il mondo: in Francia, a due anni di distanza dal voto alle donne, nell’America del senatore McCarthy, in cui lettrici e lettori sono messi in guardia da critici severi o nella Spagna franchista, dove dal 1962 il libro si legge clandestinamente in una traduzione pubblicata in Argentina. Nel 1956, persino un editto vaticano lo include nell’indice dei libri proibiti. Nonostante le censure, restano però una scrittrice e un’opera che hanno saputo incarnare, privilegio raro in letteratura, i sogni e i desideri di intere generazioni di donne.