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Sindaco di roma. tosi candida giorgia meloni

Creato il 14 marzo 2016 da Caval48 @carlovalentini

di CARLO VALENTINI

Tra i due litiganti cerca di inserirsi lui ma non proprio per pacificare gli animi. Se Silvio Berlusconi e Matteo Salvini battagliano sul sindaco di Roma, Flavio Tosi una soluzione ce l'ha: Giorgia Meloni. Quindi vanno rottamate le velleità dell'ex-Cavaliere di imporre Guido Bertolaso ed è ora di finirla anche con la melina che sta facendo Salvini. L'ex-leghista Tosi, ansioso di conquistare un ruolo politico nazionale, diventa il grande elettore della Meloni. E se alla fine la fondatrice di Fratelli d'Italia ce la farà a diventare il candidato di un centrodestra finalmente concorde, Tosi potrà issare sul pennone più alto la bandiera del suo movimento Fare.

Il sindaco di Verona (orgoglioso per avere "annientato" i vu cumprà sguinzagliando i vigili a multare di mille euro gli acquirenti della merce) assicura di avere fans anche a Roma e che il suo movimento è pronto a portare voti alla Meloni. Dice: "E' romana e molto radicata sul territorio. Dovrebbe osare e avere più coraggio. In tanti siamo pronti a sostenerla. E' la candidata naturale e avrebbe la possibilità di vincere. E' il sindaco che ci vuole per Roma, un sindaco davvero capace di fare il sindaco, conosce le regole della pubblica amministrazione e i meccanismi della politica, è in grado di assumersi responsabilità e decidere. Roma è la città più tassata d'Italia. Tre milioni di abitanti pagano un sacco di tasse e non hanno in cambio nulla. Quanto a Guido Bertolaso, lo stimo ma ha vicende giudiziarie pendenti che non gli farebbero bene in campagna elettorale. Mentre Alfio Marchini sarebbe un buon amministratore, ma è difficile collocarlo nel centrodestra. Quindi in bocca al lupo alla Meloni. Deve sparigliare le carte perché quanto sta avvenendo a Roma non è serio. Stanno mercanteggiando sotto banco e se continuano così saranno puniti dagli elettori".

Salvini s'è affidato ai gazebo, sta chiedendo ai romani di esprimersi, la Lega non era mai stata così attiva a Roma. Si tratta della premessa per cercare di diventare un movimento nazionale e non più relegato in quattro regioni del Nord. Una strategia che però cozzerebbe, secondo Tosi, contro l'estremismo verbale di Salvini che allontanerebbe i moderati. "E poi- afferma Tosi- le "primarie" indette da Salvini sono state una farsa, con candidati inseriti nella scheda contro la propria volontà e che per questo hanno annunciano querele, il numero di votanti ballerino (prima 10 mila, poi 12 mila, e infine, pare, 15 mila) e non verificabile, exit poll caserecci e classifiche provvisorie che assomigliano ad "Affari tuoi", con Salvini che apre i pacchi al posto di Flavio Insinna. La volontà di Salvini non era certo quella di ascoltare i romani, bensì quella di mercanteggiare candidature fra la Capitale e quelle di altre città sulle loro spalle".

Tosi insinua il dubbio che a Roma non voglia vincere nessuno, né Salvini che urla e non conclude, né Berlusconi che propone un candidato perdente, né il centrosinistra che continua a bacchettare Ignazio Marino il quale si vendicherà, né i grillini.

" Beppe Grillo -dice Tosi- non ha voglia di vincere a Roma. E' evidente. Lui aveva dei candidati forti e credibili e invece ha optato per una candidatura più debole perché non se la sente di governare Roma. Preferisce avere tanto consenso ma perdere, piuttosto che vincere e amministrare una città difficile come Roma. Il centrodestra invece non è che non vuole vincere, non sembra proprio averne la capacità, a giudicare dai suoi comportamenti. D'altra parte che il centrodestra sarebbe finito così era prevedibile. Berlusconi non ha creato le condizioni di un cambio della leadership. Cosa che invece è riuscito a fare Renzi nel Pd, che con la rottamazione ha portato un rinnovamento vero. Il Pd prende voti perché c'è Renzi e c'è una classe dirigente nuova".

Il rischio per Tosi è quello del grillo parlante, perché al di fuori della sua città, il movimento che ha fondato fatica a radicarsi, anche se dichiara di avere operativi una cinquantina di coordinamenti provinciali. In verità qualche colpo lo sta subendo anche a Verona, dove è appena stato abbandonato da Beatrice Mantovani e da altri due componenti la lista (Lista Tosi) che lo aveva portato alla rielezione a sindaco, Alessio Zordan e Stefano Bertagnoli. Le motivazioni: "rimango fedele a una logica di politica civica- dice la Mantovani- che ultimamente il sindaco non pare più seguire, essendosi creato un vero e proprio partito".

La scommessa di Tosi è tutta su una riaggregazione dei gruppi centristi, in vista delle elezioni politiche. Ma il cammino sembra piuttosto accidentato a giudicare da come sta andando la formazione delle liste per le prossime amministrative. Lui, comunque, non demorde: "Il mio progetto - dice- è quello di cercare di dare una veste credibile, serie, pragmatica, amministrativa ad un centro-destra che queste caratteristiche le ha perse tutte. Oggi è tutta una rincorsa all'ideologia e c'è tanta confusione: a Milano Salvini si allea con Angelino Alfano e poi i due continuano ad insultarsi in continuazione,

a Roma Salvini e Berlusconi fanno un accordo su un candidato per sputtanarlo e bruciarlo due giorni dopo, così a gongolare è Grillo che è quanto di peggio ci possa essere".

Insomma, egli vorrebbe fare nascere un centrodestra moderato in grado di dialogare, pur nella diversità, col governo Renzi. "Noi non siamo con Renzi -spiega Tosi- perchè noi non stiamo con il Pd, soprattutto con questo Pd. Renzi gli avversari li ha dentro; si è visto con la Cirinnà e con le riforme. È riuscito a farle passare perché c'erano altre persone che volevano un passo avanti di questo Paese. Se era per la sinistra del Pd non passavano. Noi siamo antitetici alla sinistra Pd e se Renzi fa cose buone va aiutato. Ma come quarto polo. Si perché il menù della politica offre il Pd, l'asse Salvini-Berlusconi e Grillo.. Le due alternative al Pd non sono di governo, perché sono populiste tendenti alla demagogia. Quindi bisogna sperare che si crei qualcosa di diverso dallo scenario attuale, ma che dia fiducia agli italiani. Se metà degli italiani non va a votare vuol dire che non si sente rappresentata dai partiti in campo. Ecco perché è necessario che i tanti movimenti minori come il nostro, quello di Fitto, di Quagliariello, Scelta Civica e Ncd, cerchino di mettersi assieme ".

Intanto, per le amministrative la parola d'ordine è né con Salvini né col Pd. Tra i candidati vi sono l'ex-leghista Manes Bernardini a Bologna, Gianluigi Cassandra a Salerno, Gianni Chiarato a Latina, Paolo Ferrara a Porto Empedocle, a Milano il tifo era per Maurizio Lupi e adesso si vedrà mentre a Roma, Meloni for president.

11.03.2016


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