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Sinestesi e Verità

Creato il 15 marzo 2013 da Sinesthesys

Anziché farci vivere tranquilli la nostra esistenza, due strani personaggi, tali Esthetron e Psichiro (a proposito, nick notevoli), ci chiedono delucidazioni sul concetto di verità. 
Bene, chiariamolo subito però: noi non siamo in grado di dare alcuna risposta soddisfacente. Come il nostro maestro Socrate, sappiamo solo di non sapere ;) Sappiamo di non sapere come tutto veramente accade e concatena, semplicemente ne scorgiamo una parte, quella parte che il nostro stato di coscienza è in grado di focalizzare.

Va bene, necessaria modestia a parte... Come ben sa chi ci segue, lo studio della verità, cioè l'epistemologia o la gnoseologia, secondo noi deve mutuare le proprie categorie dalla fisica quantistica. Posizione che, filosoficamente parlando, fa di noi dei cosiddetti corrispondentisti. Ovvero per noi "un'affermazione è vera solo quando esprime degli stati di cose presenti nel mondo", o anche assenti ma comunque possibili. Che riflette il postulato quantistico secondo il quale l'elettrone è presente in tutti i luoghi ove potrebbe essere, divenendo "presente" in più piani spaziali ed escludendo quindi l'impossibilità.  Dopotutto anche gli antichi greci chiamavano la verità ἀλήθεια, alétheia, ovvero "non nascondimento", in termini moderni "non impossibilità".

Insomma la nostra posizione si può definire corrispondentista quantistica o possibilista, perché per noi è "vero" ciò che si verifica o che anche potrebbe verificarsi ma ancora non l'ha fatto. Ciò ovviamente non significa che Auschwitz non è esistito solo perché "è possibile" che non sia esistito. Una delle conseguenze logiche di un simile approccio ontologico è che quella particolare verità chiamata evidenza, quando appunto non si tratta di illusione, sia innegabile. Piuttosto che negare la realtà in nome di astratte teorie possibiliste, quindi revisioniste, l'uomo dovrebbe imparare ad assumersene la responsabilità.

Stesso discorso per chi nasconde un oggetto in una mano: può essere in ognuna delle due, qual è la verità? L'evidenza nega la possibilità e cristallizza una verità unica, evidenza per colui che nasconde l'oggetto, è ovvio. Anche questo aspetto corrisponde alla sconcertante deduzione quantistica che vuole che sia l'osservatore a fissare la posizione dell'elettrone, ovvero che la realtà osservata e l'osservatore, l'oggettivo e il soggettivo, siano in corrispondenza biunivoca. In mancanza della "fotografia" scattata da un osservatore in un preciso istante spazio-temporale, l'elettrone è ovunque possa essere e in effetti così è, almeno in una prospettiva diacronica. Ciò che non è impossibile è obbligatorio.

Tre sono le critiche principali a questo tipo di approccio: che fare al mutare delle condizioni, cioè basta questo a mutare la verità? E ciò che nemmeno sospettiamo esista è vero/possibile o no? C'è poi il discorso del rapporto con le 3 verità razionali, come giustamente ci ha ricordato Psichiro, ovvero l'ideologica, la dogmatica e la scientifica. 

Ma analizziamo i tre punti separatamente.

1) ebbene sì, lo ammettiamo, al cambiare delle condizioni cambia l'evidenza, la possibilità... ma non la verità. Il fatto che io non possa vivere nel cosmo per mancanza d'ossigeno, temperatura accettabile o pressione atmosferica minima, non significa per questo che io non sia vivo o non possa esserlo a determinate condizioni. Secondo noi questo range di possibilità che si sostituiscono a una verità evidente o anche solo immaginabile ha una potenzialità teoretica che è difficilmente esprimibile. Al limite è la variabile cronologica a interessarci: è vero che c'è vita su Marte? Se le condizioni lo permettono, sì, potrebbe esserci stata, potrebbe essere e/o potrà esserci in tempi passati o futuri.

2) il bello di un concetto di verità così espresso è che questo non dipende dalle nostre conoscenze. Cioè, sarebbe comunque delirante stabilire che NOI si possa dire una parola assoluta e definitiva su ciò che è vero e cosa no. Insomma è poco importante il fatto che noi sospettiamo che una cosa esista o sia vera, il suo status di veridicità è assolutamente indipendente. Che lo sospettiamo o meno, essa è possibile? Se sì è anche vera, punto. Ed è proprio qui che la Sinestesi svolge il suo compito...

3) sulle tre verità razionali, nel senso di comunicabili, il discorso si fa più articolato e complesso. Ma si può riassumere così: quella dogmatica e quella ideologica non sono verità, bensì al limite affermazioni, asserzioni, convincimenti. Credo dogmaticamente che la mia anima andrà in paradiso? Penso ideologicamente che la dittatura del proletariato migliorerà il mondo? Sono pensieri, non verità. Saranno gli eventi a dimostrarne lo stato, mutandole quindi in "verità scientifiche", ovverosia provate. Perché è vero ciò che succede nei fatti, non ciò di cui si ha convinzione, soprattutto laddove, come nel secondo caso, la storia ha già espresso un giudizio inappellabile.

Quindi, al contrario delle altre due, quella scientifica è verità, ma purtroppo normalmente parziale e insufficiente (non scordiamoci che ogni scoperta scientifica tende a negarne una precedente). Questo perché la chiusura mentale dei nostri scienziati, i limiti spesso tanto necessari quanto soffocanti che l'accademia si impone, le mille difficili condizioni necessarie a un esperimento ripetibile, rendono veramente angusto il margine di manovra di questo tipo di verità. La ricerca scientifica per sua natura tende a non accettare le devianze (ecco un altro argomento a favore del post precedente), un esperimento cioè deve dare un risultato il più univoco possibile, non aprirsi a un range di indefinite possibilità. Per noi invece è proprio in questo che risiede la verità ricercata: è vero ciò che è possibile. È quindi una determinazione quantitativa, non qualitativa: una cosa è vera anche se ha una possibilità su un miliardesimo, o di un trilionesimo. Fino a prova contraria.

La legge che governa il mondo a noi conosciuto è l'entropia, noi crediamo che tutto sia un costante e progressivo divenire di infinite possibilità che si manifestano su spazi diversi.

Ne approfittiamo quindi per introdurre un'altra condizione necessaria a identificare ciò che è Sinestesi: è importantissimo che essa apra a indefinite possibilità. Non deve mai imboccare un percorso chiuso a priori, univoco o dalle possibilità ridotte (per quanto plurali, cioè semplicemente superiori a 1), ma aprire a un mondo virtualmente indefinito, almeno in linea di principio, o definito a seconda delle condizioni insite nell'archetipo evocato. Una Sinestesopera basata sugli archetipi dei Tarocchi, ad esempio, potrà contare su 22 arcani maggiori e 56 arcani minori, ovvero 78 segni che potranno essere elevati alla potenza delle combinazioni permesse dall'opera stessa. Sarà ciò che questo mondo chiama casualità, e noi definiamo con Jung sincronicità, a determinare quale combinazione toccherà al fruitore in connessione alle proprie cause karmiche, alle energie cosmiche, alle congiunzioni astrali del momento e al suo stato di coscienza di osservatore privilegiato.

Definire, etichettare, fotografare il reale, nei suoi molteplici e sfuggenti aspetti, diciamolo, è cosa impossibile. Non esiste foto o videocamera in grado di rappresentare il fittissimo reticolato di energie, aspetti e cause karmiche presenti in ogni istante in qualunque situazione spazio-temporale. Per questo la Sinestesi si fa specchio simbolico rivelando dimensioni invisibili, impreviste e fors'anche insospettabili. In grado cioè di avvicinare il fruitore, almeno in parte, a ciò che sappiamo essere verità. Una verità non comunicabile in modi razionali, quindi non dogmatica, ideologica o scientifica, ma nondimeno verità. Anzi, verità a maggior ragione!

Altrimenti come si potrebbe scegliere il proprio mutantropo a ragion veduta? ;)



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