Magazine Cinema
Titolo originale: Sinister
Anno: 2013
Durata: 110 min.
Trailer:
Il giorno prima di andare al cinema a vedere Sinister ho letto qualche recensione in giro, una delle quali (non ricordo quale, perdonatemi) diceva: 'Non si fa mancare niente, nemmeno i bambini indemoniati.'
AltAltAlt. Io con i piccoli indiavolati non ci voglio avere niente a che fare. Mi fanno PAURA. No.
Ma ero troppo curiosa, aspettavo questo film da un sacco, non vedevo l'ora di godermelo.
Morale della faccenda: mi è piaciuto.
E in fondo bambini indemoniati veri e propri non ce ne sono.
Allison (ecco, questo no. Allison è un nome da donna, cribbio) è uno scrittore di crime story, che da anni non riesce a replicare il successo del suo libro più famoso. Decide quindi di trasferirsi nella casa che è stata luogo di un crimine terribile qualche anno prima, e di scriverne la vicenda.
La famiglia che viveva tra quelle mura è stata impiccata, e la figlia minore è scomparsa da allora. Indagando nella vicenda, però, Allison scoprirà che non si tratta solo di questo.
Infatti si tratta di un film maledettamente inquietante. Al di là dei semplici spaventi (che comunque ci sono eh, nella sala è anche partito un vigoroso 'Vaffanculo!' di un tizio qualche fila dietro di me) c'è proprio un'aria angosciosa. Aiutata tantissimo da una musica che è quasi insostenibile. In particolare, arriviamo al momento in cui Allison (ciccino di un Ethan Hawke che se l'è fatta sotto!) sale in soffitta e trova uno scatolone pieno di pellicole. Le guarda, e tutte riprodurranno degli snuff. Omicidi live, solo su radio Sinister.
Ecco, questi filmati in sé non fanno paura, e nemmeno tanto impressione. Ma hanno questa musica maledetta in sottofondo, che ti gela le ossa.
La vicenda si allarga, il numero di omicidi è più alto di quanto si pensasse e le cose peggiorano per Allison e la sua salute mentale, che si ritrova ad affrontare cose che, a inizio film, almeno, sono reali. Possibili. E quindi attaccarsi alla bottiglia di whisky è l'unica reazione possibile.
Fino a quando la storia si complica, si esce dall'ambito ora quasi rassicurante della realtà e si entra nel sovrannaturale. E la mente, già provata, non può reggere.
È un declino. Allison rischia di impazzire, ma ormai è entrato nel gioco, e non può uscirne, perchè quando una cosa ti tocca in questo modo ne resti quasi ossessionato, e devi risolvere la matassa.
Quando poi la matassa si risolve, ecco che pensi: Mah, a questo punto era meglio non risolverla.
Le scene di tensione ci sono, quasi tutta la vicenda è al buio, in un buio che si presta alla perfezione alla prima partita di un-due-tre stella tra un uomo e dei bambini che non si capisce ancora se non vivi o meno.
Ecco, forse il finale non mi ha fatta impazzire. Era da metà film che pensavo: 'Ti prego fa che non finisca così, ti prego fa che non finisca così. .' E invece finisce proprio così.
La pecca che più mi ha infastidito è la sindrome da terrore notturno di cui è afflitto il figlio maggiore di Allison e consorte. Creare scene di tensione e spaventi con questa mi ha lasciato un po' meh. La storia si prestava bene già da sé a far nascere situazioni paurose, non c'era bisogno anche di quello. L'ho trovato solo pesante.
A parte quello, ogni tanto si fanno anche un po' di risate, che non guastano.
Osservazione finale: avete mai notato come si agitano le sale quando si guarda un film horror? Le persone parlano il triplo del solito, a voce più alta, ridono sguaiatamente quando si spaventano, mangiano pop corn all'aglio come l'incivile di fianco a me. . Disperati tentativi di stemperare la tensione, è una cosa carinissima! E a fine post ho scoperto che Allison si scrive Ellison.
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