In questa epoca storica afosa, affollata di gente preoccupata dell’aria fritta, sia in campo ecologico che politico, abbiamo fatto il pieno di asfissianti profezie apocalittiche, puntualmente smentite dai fatti. Del resto, se siamo qui a parlarne vuol dire che siamo ancora vivi e vegeti anche se stiamo ancora abbastanza freschi. Il catastrofismo è l’ultimo stadio di un imbecillismo collettivo dilagante oppure, se volete, è la malattia terminale di una società colpita da cretinismo assuefacente, smarritasi per sempre nel deserto delle utopie mistificanti e delle convinzioni immaginarie prêt-à-porter, quelle che conducono inevitabilmente al collasso economico e al ritardo tecnologico. Strano a sostenersi nell’era della Tecnica al potere. Ciò soprattutto nei Paesi subalterni che abdicano alla crescita e alla propria sovranità per inseguire le fantasie demenziali dei santoni del deperimento felice (altrimenti chiamato decrescita) e delle eco-balle sconcertanti. La sintesi di queste idiozie non poteva che essere un partito progressista chiamato SEL dove il primo termine dell’acrimonioso acronimo, oltre a designare una collocazione malinconica in un luogo irrimediabilmente perduto nel passato, indica tutto quel che è torvo e lugubre. Quindi sinistra non è soltanto l’ecologia esasperata, lontana dalle cognizioni e dalle evidenze scientifiche, ma anche la libertà ridotta a libertinaggio di costumi e slogan folkloristici sui “rovesci (in)civili” e sulle immancabili precipitazioni nel ridicolo. A causa delle panzane ambientalistiche di personaggi tutt’altro che affidabili – i quali purtroppo riescono ancora a tenere in scacco governi sensibili al politicamente corrotto e timide comunità scientifiche, diffondendo il panico da sviluppo tra il popolo per appropriarsi indebitamente di sempre più scarse risorse nazionali – risulta oramai impossibile investire in settori ultravanzati che ci toglierebbero molte castagne dal fuoco, come il nucleare o il geneticamente modificato. Per non parlare delle attività estrattive che vengono ostacolate da cordate di strenui difensori del territorio – le quali, s’intende, avrebbero tutto il diritto di richiedere alle compagnie di approntare i sistemi di sicurezza più all’avanguardia per tutelare la salute dei cittadini e i fondi necessari a ripagare la comunità dei disagi e delle esternalità negative generate da tali operazioni – le quali però si fanno rovinare il paesaggio dalle coltivazioni inutili di pale e pannelli quasi senza proferir parola; e che se non è tutto biologico o macrobiotico costoro temono di morire con qualche minuto di anticipo sul corso naturale della loro vita. Ma le bugie, pur avendo la lingua lunga e biforcuta hanno sempre le gambe corte. Capita così che uno scienziato, per anni impegnato a proteggere la terra dalle scorrerie industriali dell’uomo, debba, alla veneranda età di 93 anni, rimangiarsi tutto ed in un sol boccone amaro. “Scusate, mi sono sbagliato, sono stato troppo allarmista. Non è la fine del mondo, non ho idea di che cosa stia succedendo al clima”. Parola di James Lovelock, studioso divenuto famoso per l’elaborazione della teoria di Gaia che nel 2006 predisse la fine del mondo, causa global warming da attività inquinanti antropiche. Ora costui ci ripensa affermando: “Sono andato un po’ troppo in là con le deduzioni. Il problema è che al momento non sappiamo che cosa stia davvero facendo il clima. Credevamo di saperlo venti anni fa. Un convinzione che ha portato alla pubblicazione di alcuni testi allarmistici, compreso il mio, perché tutto allora sembrava chiaro: il mondo stava per essere fritto. Invece non è andata così”. Finita la frittura mondiale speriamo che anche i servitori di fritti misti ambientalisti restino a bocca asciutta e senza finanziamenti statali. Il resipiscente Lovelock se la prende attualmente e giustamente con soggetti come Al Gore che sulle scemenze ecologiche hanno costruito le loro fortune personali e politiche. Meglio tardi che mai, potremmo dire. Ma Lovelock non è l’ultimo dei ricredutisi nell’ambiente dell’ambientalismo. Anche un altro attivista ecologista come George Monbiot ha fatto ammenda dichiarando che ”ha recato più danno all’ambiente il movimento ambientalista nel solo 2011 che non l’intera attività dei cosiddetti negazionisti dei cambiamenti climatici”. E con lui c’è pure Patrick Moore, membro fondatore di Greenpeace, il quale non solo ha abbandonato le precedenti convinzioni sul riscaldamento globale ma è giunto a convinzioni diametralmente opposte tanto sugli Ogm che sul nucleare. A parte questi graditi cambi di opinione, noi qui vogliamo ribadire un concetto che sosteniamo da quando siamo nati come gruppo culturale e politico. I patrocinatori delle ecocatastrofi e dell’esistenza frugale, in qualsiasi ambito operino, sono un danno alla comprensione degli eventi e dei fenomeni, sono rimestatori nel torbido che distolgono dalle priorità e dagli obiettivi della fase storica, sono stregoni che spacciano sogni per liquidare la realtà, sono le pulci del sistema che contestando l’avidità del potere semplicemente la rafforzano creando canali di distrazione di massa dai problemi effettivi. Proprio in questo momento che necessiteremmo di grandi decisioni sovrane orientate al rinvigorimento del sistema sociale oltre che economico, “l’effimero bla-bla sulla decrescita o sull’ambientalismo, con l’opposizione a qualsiasi scelta si faccia”, come dichiara La Grassa, è un perverso gioco di sponda con i peggiori usurpatori mondiali che conculcano la nostra libertà e la nostra indipendenza. Al bando i cialtroni e chi li sostiene, anche se qualcuno è sinceramente stupido, questo non vuol dire che non sia seriamente pericoloso.
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