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Sir Charles Grandison or The Happy Man | Recensione

Creato il 24 aprile 2011 da Missclaire

Sir Charles Grandison or The Happy Man | Recensione

La copertina del libro

L'ironia di Jane Austen ha goduto della giusta considerazione solo recentemente, dopo una nuova e più attenta analisi della sua produzione romanzesca che le ha (finalmente) reso la meritata corona di scrittrice atipica, ed aggiungerei geniale, nel panorama letterario femminile tra Sette e Ottocento.Sebbene la vera natura dello stile austeniano sia ormai ampiamente rivelata da decine di saggi e prefazioni ai suoi scritti, resiste ancora un folto gruppo di scettici che non desiste dal catalogare l'autrice parimenti ad una proper Lady vittoriana
, capace unicamente di mettere assieme romanzetti che oggi definiremmo “rosa”, crogioli di situazioni e dialoghi atti a scatenare, persino a sconvolgere, le deboli menti di dame facili ai sospiri quanto agli svenimenti, niente di troppo ardito, solo innocui contenuti lontani da ogni riferimento o pericolosa opinione fuori dalla sfera effimera del ton.Se questi irriducibili, avessero letto (e molti, ahimé, giudicano ancora dalla copertina!) con maggiore attenzione uno soltanto dei romanzi austeniani, avrebbero ritrovato il loro medesimo spirito critico verso quel tipo di letteratura, svolto molto più saggiamente dalla scrittrice, vera conoscitrice di tali letture al femminile, così esperta da concedersi il privilegio di riprenderle, citarle, persino renderle influenti verso i personaggi delle sue storie, il tutto in un'azione critica corretta, generata non dal bisogno di prendere le distanze dal soggetto, au contraire, animata da quel passpartout universalmente accettato che è l'ironia.
Sir Charles Grandison or The Happy Man | Recensione
E se questi stessi irriducibili sono restati cechi finora, celandosi poco efficacemente dietro la tesi di San Tommaso, adesso non resta loro che toccare con mano l'indubbia realtà delle cose, leggendo questo piccolo prezioso compendio di pura ironia austeniana, la prova inconfutabile dello spirito acuto, persino disarmante, di cui Jane Austen era dotata.The Happy Man – il sottotitolo, è solo l'antipasto di un breve, quanto lauto pasto d'arguzia ed ironia.
Sir Charles Grandison or The Happy Man | Recensione
Non avrò l'ardire, in questa sede, di argomentare le teorie sul perché ed il come questa piccola commedia domestica sia stata condivisa col pubblico solo nel 1980, pare che gli eredi di Jane la tenessero nascosta tentando (chissà per quale motivo, poi?!) di celare questo volto, forse, troppo perspicace per una donna di quel tempo...se poi, l'origine di questa trama stranamente sconnessa, sia la riduzione giocosa di uno dei più lunghi e noti romanzi d'allora (The History of Sir Charles Grandison di Samuel Richardson) a favore di una nipotina annoiata, non me ne farò certo un cruccio, poiché l'esito è ad ogni modo esaltante!Una breve commedia domestica, dicevo...che mi ha portato con l'immaginazione a quei piovosi e freddi inverni inglesi, ad una Jane affettuosa e prodiga verso una nipotina che le rammentava se stessa, al pensiero di quanto fossero rare le forme d'intrattenimento in questi frangenti, in cui la messa in scena di una piece teatrale improvvisata finiva per coinvolgere l'intero nucleo familiare, riscattando il buon umore sottratto dalla brutta stagione.Ma Sir Charles Grandison (e parlo da profana) è molto di più di una commediola in 5 atti: è il risultato, forse un po' frettoloso, di un gran lavoro di mente...una riduzione sorprendente di un testo monumentale, frutto di una conoscenza approfondita di esso, non priva di ammirazione e rispetto affettivo, quasi fosse storia familiare. Il risultato di tale magistrale operazione è una parodia frizzante, che porta personaggi, storia e dialoghi al minimo comun denominatore, comunicandoci di quanto fosse evidente agl'occhi di Jane l'estrema semplicità del percorso narrativo dell'opera di Richardson, efficacemente sintetizzata in “così poco spazio”!Non vi priverò del piacere di scoprire la trama, un po' per la sua brevità, un po' per lasciarvi liberi d'interpretarla personalmente, mi limiterò ad osannare per l'ennesima volta il potere curativo dell'ironia, ingrediente irrinunciabile dello stile austeniano, la sola vera medicina adottata dalla scrittrice a risoluzione dei conflitti insiti nei suoi romanzi, unica armatura inossidabile contro le difficoltà di una vita poco esaltante, spezzata sovente dal dolore e fin troppo ed ingiustamente breve.

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La Casa di Jane Austen a Chawton (Hampshire - UK)

Così, d'ora innanzi, dovremmo provare a leggere per la prima volta (o per l'ennesima) uno scritto della Austen, sia questo un'estratto di un romanzo o di una lettera reale, facendo attenzione a quale sia l'origine delle parole...se una semplice volontà d'espressione priva di qualsiasi intento propositivo, oppure, il prezioso consiglio di un'animo abituato all'osservazione profonda delle persone e delle cose...Zia Jane aveva certamente visto poco del suo mondo, ma questa sua attitudine all'osservazione le permise di comprenderne le dinamiche in modo tanto dettagliato da consegnarle la chiave di lettura valido per la sua interezza; il suo angolo di realtà ci appare come il microcosmo che raccoglie tutti gli elementi della sua controparte macrocosmica, così vario e completo da farci credere che riguardi il nostro diverso angolo di mondo...non rendere omaggio a questo talento, sarebbe come giudicare un libro dalla copertina, ovvero, peccare di presunzione.
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Un ultimo consiglio, per finire......Provate ad individuare quale sia l'ingrediente che vi cattura realmente leggendo un suo romanzo, se sia l'attesa di un lieto fine o, piuttosto, l'ironia quasi impercettibile ed onnipresente che ne tesse sottilmente le sorti?!Personalmente, riesco a vedere la cara Zia che mi fa l'occhiolino...e voi?!
Grazie per avermi seguita fino a qui, buona commedia a tutti!S.V.
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