Sir Conan Doyle e le Fate di Cottingley Glen

Creato il 14 dicembre 2013 da Audrey2

Nel dicembre del 1920 e nel marzo del 1921, due articoli sullo Strand Magazine portarono all’attenzione della Gran Bretagna l’esistenza delle fate, grazie a una firma d’eccezione: quella di Arthur Conan Doyle.

Sir Arthur era un uomo imponente, con un grande senso dell’onore, che lo portò a metterci la faccia (e a rimettercela, anche) in ogni sua battaglia, senza preoccuparsi di fama e reputazione.
Nel 1890, per esempio, lanciò l’allarme contro la cura della tubercolosi.
Nel 1902 difese la Gran Bretagna dalle accuse di cattiva condotta durante la Seconda Guerra Boera, alla quale aveva partecipato come medico volontario e come corrispondente di guerra.
Nel 1906 sostenne la causa per il divorzio.
Nel 1909 intervenne contro le atrocità in Congo.
Nel 1914 scrisse un libro, Pericolo!, per mettere in guardia l’ammiragliato britannico circa la minaccia rappresentata dai sottomarini. Previde, tra varie altre cose, il blocco delle coste inglesi proprio da parte di sottomarini nemici. L’ammiragliato etichettò il libro come un trattato alla Jules Verne. Risultato: le previsioni di Sir Arthur si verificarono e l’unico a non restarne sorpreso fu lui, che fin dal 1902 continuava a ripetere che bisognava “rimodernare esercito e marina” – magari anche con cosette come cinture di salvataggio e canotti gonfiabili per i marinai.

Era anche un uomo dalle grandi capacità analitiche e deduttive: studente di medicina a dir poco brillante, ebbe la fortuna di fare da assistente a luminari come Joseph Lister – cui si deve la buona norma dei chirurghi di lavarsi le mani prima e dopo un intervento e di sterilizzare gli strumenti (metodo dell’antisepsi) – e Joseph Bell, che sosteneva quanto l’osservazione fosse fondamentale per formulare LA diagnosi, e che gli ispirò Sherlock Holmes.
A forza di deduzioni e di ricerche (arrivò a svaligiare una casa pur di trovare la prova che cercava), dimostrò l’innocenza di due uomini, uno dei quali condannato a morte.
Si occupava di spiritualismo, con lo stesso approccio analitico, fin 1881, dopo il conseguimento del baccellierato in medicina, quando si scoprì agnostico.
Erano i tempi in cui la Society for Psychical Research e l’American Society for Psychical Research conducevano ricerche sulla chiaroveggenza; in cui persino alcuni scienziati sostenevano l’esistenza dei fenomeni medianici; in cui il medium D.D. Home faceva impazzire l’opinione pubblica con le sue levitazioni in pieno giorno, senza che nessuno riuscisse a scoprire i suoi trucchi.
Sir Arthur seguì questi fenomeni per anni, partecipò a diverse sedute spiritiche annotando ogni cosa con scrupolo, e concluse che era tutto vero, al punto che non volle credere a Eliza White quando la ragazza confessò che, nel corso di una seduta della medium Florence King, si era spacciata per la materializzazione di Katie King, una ragazza morta duecento anni prima.
Allo stesso modo, rifiutò di credere a Margaret Fox, quando questa ammise che lei e le sue due sorelle avevano solo inscenato le sedute durante le quali comunicavano con i defunti tramite colpi, scrittura automatica e parlando con le voci degli spiriti – dai quali si fingevano possedute.

“Nothing that she could say in that regard would in the least change my opinion, nor would it that of any one else who had become profoundly convinced that there is an occult influence connecting us with an invisible world.”

L’esistenza di una vita dopo la morte era una questione di grande importanza, per lui, perché aveva perduto un figlio durante la Prima Guerra Mondiale: per questo era propenso ad accettare l’evidenza di una vita ultraterrena, senza pretendere prove della stessa.
In ogni caso, è un dato di fatto che non solo credette alle sedute spiritiche, ma anche alle fate – tanto da cadere, nel 1917, nello scherzo di due ragazzine di dieci e sedici anni: Frances Griffiths (1907-1986) e sua cugina Elsie Wright (1901-1988).
Cominciò tutto con un rimprovero, quando un pomeriggio di luglio Frances ed Elsie tornarono a casa bagnate: spiegarono di essere cadute in un ruscello dopo che si erano sporte per vedere le fate e non vennero credute. Per provare di non essere delle bugiarde, Elsie prese la macchina fotografica del padre e scattò una foto che ritraeva Frances con quattro fate. Nel settembre dello stesso anno, fu Frances a scattarne una in cui, questa volta, era Elsie a posare con uno gnomo.

Il padre di Elsie, per niente convinto, proibì alla figlia di mostrare in giro quelle fotografie, ma la madre della ragazza – che partecipava alle attività della Theosophical Society, non solo in qualità di appassionata ma anche in quanto “oggetto di studio” (sosteneva di aver avuto esperienze di proiezione astrale) – le sottopose alla società e questa, nel 1919, le trasmise al teosofo Edward L. Gardner, che le autenticò.
In quel periodo, Sir Arthur stava scrivendo proprio un articolo sulle fate per lo Strand Magazine.
Quando venne a sapere delle due cugine di Cottingley, contattò Gardner e chiese una copia delle immagini. La sua prima reazione fu di scetticismo: fece esaminare le foto da un esperto, che le giudicò false. Chiese di poter incontrare la famiglia Wright, per escludere che si trattasse di imbroglioni in cerca di un quarto d’ora di celebrità, e trovò che erano brave persone. Chiese che venissero scattate altre foto – e gli fu risposto che le fate non gradivano gli estranei. Elsie e Frances lo convinsero, nonostante tutto, della loro sincerità, quindi Sir Arthur scrisse l’articolo – Fairies photographed: an epoch making event – e un semplice scherzo divenne un affare nazionale.
Sir Arthur partì per l’Australia, per un giro di conferenze sullo spiritualismo. In sua assenza, il caso si gonfiò (tra sostenitori e detrattori) e si sgonfiò.
Finché alle due ragazzine venne in mente di scattare e divulgare altre fotografie.

Per Sir Arthur furono la prova inoppugnabile dell’esistenza delle fate. Soprattutto, la prova che c’erano realtà che non si potevano ridurre a mero materialismo.
Scrisse un nuovo articolo per lo Strand Magazine e un libro: The Coming of the Fairies (tradotto in Italia con il titolo Il ritorno delle fate). Si guadagnò nuovi sostenitori e nuovi detrattori, oltre alla nomea di vecchio impressionabile.
A chi gli fece notare che le fate erano solo sagome di cartone ritagliato, che alcune avevano capigliature troppo alla moda, mentre altre sembravano prese da un libro di fiabe per bambini, rispose che i loro tratti a volte sfocati non lasciavano dubbi sul fatto che fossero creature reali, che si erano mosse al momento degli scatti. Gli venne ribattuto che si trattava di un effetto causato dal vento e che in una foto, quella di Elsie con lo gnomo, erano persino visibili le capocchie degli spilli con cui l’immagine era stata fissata al suolo. Sir Arthur rispose che, al contrario, quello visibile sull’addome dello gnomo non era uno spillo, ma l’ombelico della creatura fatata, ed elaborò la teoria secondo la quale fate e uomini si riproducevano allo stesso modo.

Come nel caso delle medium, anche in questo Sir Arthur rifiutò di ammettere che le cugine avessero inscenato ogni cosa. Questa vignetta lo ritrae con la testa tra le nuvole e tenuto alla catena da Holmes.

Le ragazze stesse, benché interrogate più volte, non dissero mai chiaramente di aver realizzato un falso: erano spaventate dalle reazioni che un’ammissione del genere avrebbe suscitato. Si limitarono a dare risposte ambigue (“le fate non si mostrano alle menti troppo razionali”), lasciando che fosse il pubblico a interpretarle come voleva.
Fino al 1981, quando ormai Sir Arthur e gli altri studiosi coinvolti erano morti da tempo.

Le fate della prima foto, quella che ritrae Frances, sono molto simili a quelle illustrate in un libro per bambini – Princess Mary’s Gift Book – in cui era incluso anche un racconto di Sir Arthur: Bimbashi Joyce.

In quell’anno, durante un’intervista, le due cugine ammisero finalmente che le fate non erano altro che sagome di cartone fissate con spilli e fili. Tranne una, disse Frances (e sostenne questa sua “verità” fino alla morte): la fotografia nota come bagno di sole delle fate.

Bibliografia e Approfondimenti:
Arthur Conan Doyle
Fate di Cottingley
Introduzione alla raccolta Tutti i racconti fantastici e dell‘orrore, di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco
Le fate di Cottingley Glen, di Massimo Introvigne
Arthur Conan Doyle, Spiritualism, and Fairies, di Donald E. Simanek
Personaggi: Arthur Conan Doyle, di Gaia Conventi



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