A questo messaggio ne fa seguito un secondo, inviato a tutti i capi dei servizi segreti siriani e dal contenuto molto più compromettente, poichè lascia intendere il ruolo centrale avuto da Mosca nell’azione e nella morte dei due piloti, che non sarebbero morti nello schianto, come finora riferito, ma uccisi dopo la loro cattura per ordine del Cremlino: “Sulla base delle informazioni e delle istruzioni provenienti dalla leadership russa, si rende necessario eliminare in modo naturale i due piloti detenuti dalle Unità speciali, e bisogna far sì che i loro cadaveri vengano riportati vicino al luogo dell’abbattimento, in acque internazionali”.
Uno scoop che dunque getta nuova luce sull’evento che la scorsa estate fece schizzare alle stelle la tensione tra Damasco e Ankara, e soprattutto smentisce la versione ufficiale di Assad, che qualche giorno dopo, in un’intervista al quotidiano turco Jumhuriet, si era scusato con la Turchia parlando di un “incidente”. Ma intorno a quell’avvenimento restano molti misteri. A cominciare da quella stessa intervista, rilasciata da un Assad molto conciliante e moderato: perchè il rais volle rivolgersi direttamente al popolo turco? E Ankara rinunciò alle minacciate ritorsioni militari solo perchè il rais chiese scusa?
E’importante ricordare che la crisi dell’aereo turco esplose nel momento meno adatto, ovvero alla vigilia del vertice internazionale sulla Siria tenuto a fine giugno a Ginevra, che avrebbe dovuto portare le potenze mondiali a ratificare l’esilio di Assad e l’avvio di una fase di transizione. Per questo un’escalation militare tra Turchia e Siria doveva essere evitata ad ogni costo, soprattutto perchè lo stesso Assad sembrava allora intenzionato a gettare la spugna e di questa possibilità ne fece menzione proprio nell’intervista al quotidiano turco.
Ma, considerando l’efficienza dell’intelligence turca, è difficile ipotizzare che la Turchia non fosse a conoscenza della reale dinamica dei fatti: è possibile dunque che Ankara abbia deciso di ridurre la sua reazione contro Damasco ad un semplice pattugliamento di confine, in nome della ragion di Stato? Il cambio repentino di tono lascia supporre che Erdogan sia stato spinto, forse dai suoi stessi alleati della Nato, ad accettare le scuse di Assad e a non imbrogliare ulteriormente la matassa siriana quando la soluzione della crisi sembrava vicina. E il fatto che soltanto adesso i leakers anti-Assad abbiano fatto saltare fuori questi documenti compromettenti conferma che a fine giugno nulla avrebbe dovuto scompaginare il complicato mosaico di concessioni e compromessi che sarebbe dovuto uscire dal vertice svizzero.
Intanto dal Cremlino nessun commento al programma mandato in onda dall’emittente degli Emirati Arabi Uniti, che ha inoltre descritto un regime siriano ormai tenuto in piedi solo dagli iraniani e dai russi, che avrebbero costituito un comando unificato presente in tutte le questioni della crisi siriana.
Non è però la prima volta che si parla di un ruolo occulto della Russia dietro questa vicenda. A luglio il Sunday Times, citando fonti israeliane, scrisse che sulla decisione di Damasco di attaccare l’F-4 turco ci sarebbe stata la pressione di Mosca, che avrebbe voluto inviare un segnale indiretto alla Nato.