Siria: Kofi getta la spugna con gran dignità

Creato il 22 agosto 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

di Matteo Zola

Kofi Annan, inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria, lascia il suo incarico. Ad accogliere la notizia solo il silenzio estivo e qualche bomba ad Aleppo. Proprio nel bel mezzo del pasticcio siriano Kofi Annan getta la spugna suggellando così il fallimento suo e dell’istituzione che rappresenta. Un fallimento, quello di Kofi, che dura dagli anni Novanta e che gli è valso una carriera di tutto rispetto. Nominato segretario generale nel 1996 Annan era già all’Onu dal 1987 ricoprendo vari compiti e attraversando, con ruoli di responsabilità, crisi terribili come la guerra in Bosnia e il genocidio ruandese. Nel 2006 gli successe Ban-Ki-Moon ma Kofi, panchinaro di lusso, è stato nuovamente convocato per affrontare a modo suo l’intrico siriano.

“Non ho ricevuto tutto il sostegno che la causa siriana meritava”. Così l’inviato speciale dell’Onu e della Lega Araba per la Siria, Kofi Annan, ha spiegato la sua decisione di lasciare il suo incarico alla scadenza del 31 agosto prossimo. Ma il fallimento siriano è solo l’ultimo della lista. Andiamo con ordine. Era il 1994, le milizie di etnia Hutu uccidono a colpi di machete ottocentomila persone di etnia Tutsi in Ruanda. Kofi è nominato responsabile delle operazioni di peacekeeping in Ruanda e, in quella carica, si rifiutò di inviare al generale Dallaire cinquemila caschi blu per fermare il genocidio. l’esito di quel genocidio si sarebbe rivelato peggiore del genocidio stesso: la controffensiva Tutsi cacciò i genocidari Hutu nel vicino Congo democratico scatenando una reazione a catena che porterà alla Prima guerra del Congo cui ne seguirà, a ruota, una seconda. I milioni di morti non si contano. Bravo Kofi.

Così bravo che nell’ottobre 1995 fu nominato incaricato speciale per la ex-Jugoslavia. Nel luglio dello stesso anno le truppe Onu avevano banchettato coi serbi sui cadaveri di Srebrenica, ma almeno quello non fu colpa sua. Annan però non seppe comprendere la necessità di garantire alla Bosnia un futuro politico indipendente. L’Onu, dal canto suo, si dimostrò da un lato preda degli interessi “occidentali” che vedevano di buon occhio la creazione di una “grande Serbia”, dall’altro inutile orpello del diritto internazionale quando la Nato se ne fregò del veto Onu e bombardò Belgrado.

Nel 1996 viene nominato Segretario generale di un Onu privo di senso, ed è in quella veste che tace bellamente sul massacro ceceno voluto da Putin, quando il Cremlino uccise un ceceno su quattro. Affronta poi la questione di Cipro, isola divisa dal 1974, approntando un piano per la riunificazione dell’isola che viene posto in modi e tempi tanto sbagliati da essere rifiutato con un referendum dalla popolazione. D’altronde che fare? Kofi diceva di rispettare le sovranità nazionali per mascherare la vacuità sua e dell’istituzione che rappresentava. Nel 2001 fu insignito del premio Nobel per la pace. Un premio che hanno dato anche a Barack Obama, noto per la guerra in Libia e in Afghanistan: ubi desertum faciunt, pacem appellant.

Quando nel 2006 terminò il suo mandato si poteva ragionevolmente ritenere che Kofi sparisse dalla scena. Ma il campione di fallimenti è stato richiamato per sbrogliare la matassa siriana. Forse, chissà, si confidava in un suo insuccesso così da poter scatenare i mastini della guerra.


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