Posted 27 agosto 2012 in Medio Oriente, Opinioni ed eresie, Slider with 2 Comments
di Robert Fisk
I colpi di mortaio martellano le strade intorno a noi e un carro armato T-72 seminascosto sotto un viadotto, ma il comandante in capo delle forze militari di Assad ad Aleppo – un generale di 53 anni con 33 anni di servizio e due ferite di pallottola ricordo della battaglia di Damasco del mese scorso – sostiene di essere in grado di “ripulire” dai “terroristi” tutta la provincia di Aleppo in venti giorni. Una affermazione che prendo con il beneficio di inventario in particolare per quanto riguarda il quartiere di Saif el-Dowla dove il fuoco dei cecchini è incessante. Insomma, la battaglia di Aleppo è lungi dall’essere finita.
Strana sensazione quella di trovarmi in una abitazione privata a colloquio con i generali siriani accusati dai leader occidentali di essere criminali di guerra. Mi trovo, per così dire, nel “covo del nemico”, ma il generale, incredibilmente alto e con un’incipiente calvizie, ha molto da dire sulla guerra che stanno combattendo e sul disprezzo per i nemici. Il generale, che si rifiuta di dirmi come si chiama, li definisce “topi”. “Ci sparano, poi scappano e si nascondono nelle fogne. Sono stranieri: turchi, ceceni, afgani, libanesi, sudanesi”. ‘E i siriani?’, domando. “Sì, anche siriani, ma si tratta di contrabbandieri e delinquenti comuni”, mi risponde.
Chiedo informazioni sulle armi dei ribelli. [...] Frugando tra le armi – tutte sottratte al nemico nell’ultima settimana, mi garantiscono gli ufficiali – vedo confezioni di esplosivi di fabbricazione svedese del 1999, ma con la dicitura “made in Usa”, un fucile di fabbricazione belga, numerose bombe a mano di provenienza incerta, un fucile di precisione russo, una pistola da 9mm di fabbricazione spagnola, una vecchia pistola automatica, una mitragliatrice sovietica del 1948, una serie di lanciamissili e lanciagranate di fabbricazione russa e una cassa di medicinali.
“Ogni gruppo di terroristi dispone di una ambulanza da campo”, mi dice un ufficiale dei servizi segreti. “Rubano i medicinali dalle nostre farmacie, ma dispongono anche di altre fonti di approvvigionamento”. È vero. Trovo infatti analgesici libanesi, bende pakistane e molti farmaci provenienti dalla Turchia. Sarebbe interessante sapere a chi hanno originariamente venduto le armi le fabbriche spagnole, svedesi e belghe. [...] “Sì è vero”, dice il generale. “I disertori esistono, ma si tratta di soldati risultati inidonei ai test e che erano rimasti nell’esercito solo per la paga”. [...]
Almeno una dozzina di civili escono dalle loro case e, ignari della presenza di un giornalista straniero, abbracciano i soldati siriani. Uno mi dice che è rimasto chiuso in casa perché i combattenti “stranieri” sparavano alle truppe governative dal suo giardino. “Io parlo turco e la maggior parte di loro parlavano turco. Altri però avevano lunghe barbe e pantaloni corti come quelli dei sauditi e parlavano arabo con uno strano accento”.
Sono talmente tanti i civili siriani che – lontano dai soldati – mi parlano di “stranieri” armati accanto a siriani “delle campagne”, che deve esserci del vero nell’affermazione del regime secondo cui nel Paese sono presenti numerosi combattenti di nazionalità non siriana. Mentre in alcune zone della città la vita sembra proseguire normalmente con qualche colpo di mortaio in lontananza, in altri quartieri decine di migliaia di cittadini sono stati costretti ad abbandonare le loro case e ora dormono nella casa dello studente dell’università. [...]
Mentre mi allontano mi passa accanto un giovane che cerca di raggiungere casa sua per vedere se è ancora in piedi. Ha una maglietta con una citazione di George Barnard Show: “Vedi le cose e dici ‘Perché?’. Ma io sogno cose che non sono mai esistite e dico ‘Perché no?’”. Niente male per Aleppo.
foto di Goran Tomasevic / Reuters
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© The Independent / pubblicato in italiano dal Fatto Quotidiano
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