Siria: la strage continua con o senza l'occidente.

Creato il 18 ottobre 2013 da Coloreto @LoretoCo

"intervista a/ conversazione con Lorenzo Trombetta, corrispondente Ansa a Beirut"

A margine del Festival di Internazionale a Ferrara, abbiamo incontrato Lorenzo Trombetta, giornalista residente a Beirut dove corrisponde per l'Ansa e Limes, rivista italiana di geopolitica. A differenza di tanti "fenomeni da tastiera", Lorenzo parla con cognizione di causa perché si occupa di Siria da ben prima del conflitto civile (che comunque ha potuto osservare da vicino). Inoltre tiene aggiornato un interessante sito su Siria e Libano, che ci permettiamo di segnalare:
(www.sirialibano.com)Non abbiamo quindi voluto perdere l'occasione di intervistarlo.


 Lorenzo, tu sei stato presso il confine turco-siriano poco tempo fa e attualmente risiedi a Beirut. Potresti quindi descriverci da vicino, e in poche parole, l'attuale situazione, specialmente dal punto di vista umanitario?
Dal punto di vista umanitario la situazione è molto drammatica. Almeno 5 milioni di siriani sono stati colpiti dalle violenze, in particolare vicino Damasco e nei sobborghi assediati dal regime; parecchi minori sono morti per denutrizione o per fame, mancano gli alimenti di prima necessità. Non in tutta la Siria è così, ci sono regioni più colpite e altre meno colpite, ma in generale il quadro è molto drammatico. In Libano sono presenti almeno 1,5 milioni di siriani, non solo profughi, ma anche ricchi e benestanti in fuga. Le dimensioni del Paese (il Libano è piccolo quanto l'Abruzzo), messe in proporzione con il numero dei nuovi entrati, possono farci capire l'enorme peso di questa nuova situazione. Pure i libanesi soffrono, anche se non quanto i siriani. Le Ong intervengono spesso per i siriani ma non tutte aiutano pure i libanesi. La situazione è variegata.

  • Un anno fa, tu eri tra i pochi che non credevano ad un'imminente caduta di Assad. Quanto credi che possa durare ancora il confronto armato? Un'eventuale, anche se sempre più improbabile, intervento occidentale diretto potrebbe avere l'effetto di abbreviare il conflitto, o produrrebbe conseguenze opposte?
Un intervento militare diretto con l'obiettivo esplicito di far cadere il regime abbrevierebbe veramente il conflitto, ma non c'è la volontà politica per varie ragioni. Si sa benissimo dove colpire il regime siriano, Assad sarebbe eliminato fisicamente e politicamente nel giro di una settimana. Sicuramente ci sarebbero tante ripercussioni successive, ma il conflitto senza dubbio si accorcerebbe. Invece così continuerà una lenta guerra di logoramento. La popolazione, che non è “in mezzo tra due fuochi”, ma è un attore attivo in trincea, piano piano sta subendo un impoverimento della sua forza politica e sociale. C'è chi parla di 200mila morti, ma anche i 110mila morti documentati sono una cifra enorme. Più si va avanti, più cresce l’annientamento dei siriani.
  • Parliamo del ruolo delle Nazioni Unite. Dopo due anni di stallo in Consiglio di Sicurezza, tu credi nel successo dell'accordo tra Usa e Russia sul disarmo chimico siriano?
Dal punto di vista dello scacchiere internazionale, l'intesa c'è stata ed è stata significativa, ma fa parte di un accordo più ampio che deve essere ancora costruito. Accanto all’accordo sulla Siria, si parla dell’Iran e dei tanti segnali che si stanno manifestando in tutta l’area, fino al Golfo. Mi riferisco ad esempio alla distensione dei rapporti tra Iran e Arabia Saudita e alla Turchia che sta ammorbidendo le sue posizioni. La questione siriana serve a mettere d'accordo le potenze sui grandi temi, ovvero le tratte energetiche, in uno scenario molto più vasto. La Siria sembra una comparsa e non più la protagonista del dibattito. La conferenza di pace Ginevra-2 probabilmente non si terrà più a novembre, ma dopo altri mesi. Intanto però ci si mette d'accordo sugli altri temi.
  • Cosa ne pensi della posizione italiana? Il dichiarato appiattimento alle decisioni dell'Onu rappresenta solo un atteggiamento di rispetto nei confronti della legalità internazionale, o forse vi si può leggere anche un segno di debolezza politica sia interna che esterna?
Conosciamo il ruolo dell’Italia nello scacchiere internazionale e il suo atteggiamento verso gli interessi americani. Il ministro Bonino in un primo momento ha provato ad avere un profilo più defilato, forse più vicino alla Russia che agli Stati Uniti. Ma nel momento in cui c'è stato l'accordo l'Italia è tornata tranquillamente nel gregge degli alleati storici, la politica estera è rimasta in continuità col passato. Tra governi di centrodestra e centrosinistra la sostanza non è cambiata di molto.
  • Quant'è reale il rischio di disgregazione dello stato siriano in più entità, magari riconducibili a fratture etno-religiose? Uno scenario del genere potrebbe in qualche modo rappresentare una soluzione del conflitto, o al contrario gioverebbe solo a incrementare ulteriormente la destabilizzazione dell'area?
Nel territorio controllato dai ribelli ci sono già spaccature, è una realtà difficile da negare. Milizie sciite iraniane, irachene e libanesi controllano territori diversi e non sempre hanno medesimi obiettivi o agende politiche comuni. Ma nel lungo termine la Siria non potrà che ricomporsi nei confini del 2011. Le frontiere rimarranno quelle, non credo che all'interno un’eventuale scissione territoriale possa durare molto. Il relegamento di Assad e dei suoi nella regione costiera è uno scenario realistico, ma a lungo termine è difficile che un'entità statale circoscritta in quell’area possa mantenersi.
  • Secondo te, alla fine del conflitto i ribelli siriani riusciranno a prendere il potere o governerà ancora Assad? O forse è più plausibile (e magari anche auspicabile) che si raggiunga un più rapido compromesso politico caratterizzato dall'ascesa di una figura terza e intermedia tra l'Esercito Siriano Libero e l'attuale regime?
Per il momento non vedo figure terze che possano emergere all'orizzonte. Non si può parlare più di due soli attori, in gioco ce n’è un numero maggiore. Mentre nel campo delle opposizioni, quindi, ci sono tante parti diverse, nell'ambito del regime la retorica è compatta sul raggiungere la tappa delle elezioni del 2014. Nel concreto il discorso del governo di transizione è impossibile da realizzare. Chi rappresenterebbe il regime? Chi i ribelli? Quanto il regime vuole, o può, creare un governo con i ribelli, se fino ad oggi ci si è sparati addosso e sono stati commessi crimini difficili da dimenticare? In politica tutto è possibile, le guerre si interrompono con la volontà internazionale, però stando così le cose, e conoscendo gli attori che operano sul terreno, un compromesso politico sembra davvero impossibile.
  • Un'ultima questione. Vorremmo sapere qual è secondo te il confine tra neutralità e indifferenza, e se noi europei (e noi italiani in particolare) non l'abbiamo già attraversato. Informarsi e informare può bastare a redimersi dal cinismo dilagante? C'è qualcosa di concreto che ognuno di noi può fare nel suo piccolo? Per dare in qualche modo una risposta a chi, come Abu Moqtad, pare aver perso ogni speranza: <<Il mondo non si è mosso per centomila morti, non si è mosso per due milioni di rifugiati, non si è mosso per le stragi di civili sotto i bombardamenti aerei, non si è mosso per le stragi di civili sotto i missili Scud, non si è mosso per le armi chimiche… Cos’altro vuoi raccontare? Siamo soli, il nostro sangue non vale niente agli occhi del mondo>>.
“Europei” è una categoria molto ampia. Ognuno svolge il suo lavoro. Chi fa il giornalista, ha il compito di mantenersi sentinella costante e di raccontare, portare alla luce le storie personali e della collettività. Chi non ha il ruolo di giornalista può ad esempio cercare di individuare organizzazioni della società civile europea per portare aiuti umanitari, culturali, politici. In Europa gli enti locali hanno autonomia e forza politica sufficienti per superare le barriere. I comuni italiani ad esempio potrebbero adottare un quartiere siriano martoriato dalle bombe: ad Aleppo è stato eletto un consiglio locale che però non ha la capacità coercitiva necessaria a gestire l’ordine contro la criminalità. Per aiutare quel quartiere ad avere la propria polizia servono soldi, armi, amministratori. Come dicevo, ognuno lavora nel suo settore, e potrebbe dare una mano a seconda delle proprie competenze. Al di là dell’innegabile divario culturale e storico, non dobbiamo immaginare la società siriana come un’entità così diversa dalla nostra, ci sono delle costanti che si ritrovano tra il popolo italiano e quello siriano. Senza pensare di poter cambiare il mondo, ognuno di noi nel proprio piccolo può informarsi e dare il proprio apporto.Grazie Lorenzo, e buon lavoro.Grazie a te, a presto.
Pietro Figuera

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