La cicatrice che ho sul cuore si apre ogni volta che sento parlare di Siria. Forse chi non l’ha visitata non può capire davvero cosa significa immaginare che molto di ciò che è stato immortalato nelle foto probabilmente non c’è più. E magari nemmeno quel simpatico commerciante di tappeti che mi offrì un delizioso caffè amaro al cardamomo. La piana siriana dà il benvenuto in uno spazio dedicato ai ricordi di un Paese che non potrà mai essere lo stesso.
Il sito archeologico di Ebla, a pochi chilometri da Aleppo, è ricco di fascino e storia. Qui, illuminato dalla luna piena, è stato immortalato dalla finestra della mia “tenda sul tetto” (dell’auto ovviamente).
Il suq di Aleppo è, o meglio era, un luogo delle meraviglie, dove colori e profumi e si intrecciano creando immagini dalla bellezza unica e inconfondibile.
Mistero e forza erano invece evocati dalla maestosa porta della cittadella, che un colpo di mortaio ha fatto saltare in aria. Realizzata in modo da non poter essere espugnata, non ha retto alla violenza delle armi.
La religiosità che permea la Moschea degli Ommayadi di Damasco conquista ogni visitatore attento a osservare le persone in pellegrinaggio.
Hama, infine, continua a essere un feroce campo di battaglia. Le sue norie sembravano piangere, già al momento della mia visita, per un destino infame. Io ne voglio ricordare il canto soave e i colori vivaci.